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Non esiste più una realtà oggettiva: ciò che si vede dipende unicamente dal punto di vista di chi osserva ed è straordinario come Picasso sia riuscito a dare una mirabile forma artistica a questo sconvolgente cambiamento della fisica, perché il messaggio, che si legge nel quadro, è che non ha più senso che il pittore si ingegni a rappresentare la realtà nel modo più vero possibile, dal momento che nulla è reale e nulla è vero. Nel breve spazio di pochi anni, il Cubismo avrebbe attraversato delle fasi espressive diverse, in cui alcuni temi sarebbero stati maggiormente accentuati di altri, ma, in generale, le opere degli artisti, che avrebbero deciso di aderire a questa corrente, sarebbero state caratterizzate dallo smantellamento totale di ogni genere di forma, umana o paesaggistica, e nella successiva ricostruzione, che avrebbero attuato, con modalità tra loro anche molto diverse, per produrre un risultato, che dell’originale non avrebbe avuto quasi più niente. Nulla di più diverso da quello che per secoli era stato il canone tradizionale della pittura, ossia la rappresentazione più o meno veritiera del mondo esterno. La realtà oggettiva non esisteva più e aveva lasciato il posto a un’immagine incomprensibile, quella rappresentata, per l’appunto, dai pittori cubisti.

In alcuni casi, uno o più dettagli sarebbero stati ripetuti ad libitum, producendo un effetto tra l’onirico e l’ossessivo. Temi, questi ultimi, che sarebbero stati ripresi da un grande movimento artistico-culturale, il Surrealismo, di cui anche lo stesso Pirandello si sarebbe fatto portavoce, nel 1921, mettendo in scena un’opera, Sei personaggi in cerca d’autore, dominata in larga parte dall’assurdo e dall’inspiegabile. Nel caso particolare, sarebbe stata la differenza tra i personaggi creati dall’artista e le persone, quali gli attori, chiamate a interpretarli, a perdere di significato e la realtà degli uni sarebbe divenuta, nell’arco di tempo dedicato alla rappresentazione teatrale, anche quella degli altri.

Il Surrealismo proporrà una serie di temi diversi e la sua innovazione fondamentale sarà nella presa di coscienza che un evento non si può più narrare secondo una progressione lineare, ovvero una serie di cause e conseguenze, che segue uno schema logico. Ci saranno infatti situazioni, come quelle raccontate nell’opera monumentale Alla ricerca del tempo perduto, che Marcel Proust scriverà tra il 1909 e il 1922, in cui un evento non si conclude mai, ma ritorna, volta dopo volta, osservato da un’angolazione diversa e moltiplicato, provocando un effetto di simultaneità, tipico dei sogni. In alcuni casi, invece, saranno i dettagli e i particolari ininfluenti a venire a galla, unendosi, come avverrà nell’Ulysses che James Joyce scriverà nel 1922, in catene di immagini (il cosiddetto “flusso di coscienza”), che conterranno innumerevoli situazioni possibili, appena accennate e non sviluppate, ma aperte in tutte le direzioni del tempo.

Nulla, insomma, sarà più come prima e nemmeno la musica potrà rimanere esente da questo stravolgimento generale. Alla ricerca dell’armonia verrà pian piano sostituita la tendenza verso la dissonanza, di cui sarà possibile cogliere già i primi germi nelle composizioni musicali di fine Ottocento di alcuni artisti, quali l’ungherese Franz Liszt e i tedeschi Richard Wagner e Johannes Brahms, e che sarà ripresa successivamente dai musicisti francesi Claude Debussy e Maurice Ravel e dal russo Igor’ Stravinskij. Le loro sperimentazioni segneranno l’inizio della crisi del sistema tonale, ovvero del sistema di composizione, fondato su un rapporto di gerarchia tra una nota, la tonica, e le altre sei appartenenti alla “scala musicale diatonica”, quella che per il Do Maggiore si produce, suonando in sequenza i sette tasti bianchi del pianoforte.

La musica tonale (che affonda le proprie radici negli studi dei suoni, prodotti da corde aventi precisi rapporti di lunghezza, effettuati da Pitagora) si basa su un insieme di relazioni tra la nota dominante (la tonica) e la sequenza di tutte le altre note, che hanno l’unico scopo di ottenere una melodia armonica in ogni sua parte. Tali relazioni, oltre a perdere la loro funzione, si mostreranno del tutto inadeguate per una costruzione musicale, volta a cercare le dissonanze. Così, nel 1920, il compositore austriaco Arnold Schönberg deciderà di dare una struttura di riferimento per un nuovo genere di musica, il cosiddetto dodecafonico, che istituirà basandosi su insiemi di serie di note appartenenti a quella che, in termini tecnici, è chiamata la “scala cromatica”, ovvero la sequenza dei 12 semitoni, tutti equispaziati tra loro e rappresentati dall’insieme dei tasti bianchi e neri sul pianoforte. Nessuno dei 12 semitoni potrà prevalere sugli altri e così l’architettura musicale, ideata da Schönberg, sarà, a differenza di quanto accadeva in precedenza, del tutto priva di un centro tonale.

Può darsi che Schönberg non sapesse nulla di astronomia, ma la sua scelta di codificare un sistema di composizione musicale, privo di un centro, non può non riportarci alla mente tutti i passi compiuti, attraverso la storia, dall’astronomia, che progressivamente hanno tolto all’uomo ogni privilegio di centralità.

Per lungo tempo siamo stati convinti che la Terra fosse il centro dell’Universo, poi abbiamo perso il centro, che si è spostato sul Sole, ma siamo comunque rimasti prossimi a esso e ci siamo rassicurati all’idea che la nostra stella fosse il centro di un Universo che ritenevamo dovesse limitarsi alla nostra galassia. All’improvviso, però, agli inizi del secolo passato, abbiamo dovuto rassegnarci all’idea di essere piccoli, insignificanti e abbandonati.

Le 12 note di Schönberg, tutte ugualmente importanti, che permettono la costruzione di una musica che non vuole più essere armonica, rimandano alle nostre menti il ricordo dei grandi pensatori del passato, quali Pitagora, Platone e Aristotele, e del più moderno Keplero, che inseguivano la speranza di poter attribuire al Cosmo un’armonia, non soltanto geometrica, ma anche musicale, qualcosa di paragonabile a quella “musica delle sfere” con cui Dante accompagna nel suo Paradiso l’ascesa dei beati verso il Cielo.

Nulla di più lontano dal vero, il Cielo non esiste e il Cosmo è teatro di fenomeni violenti che non hanno nulla di armonico e che comunque non producono alcun genere di musica perché le onde sonore, a differenza di quelle elettromagnetiche, non possono propagarsi nel vuoto. La serenità e la pace che cogliamo nel cielo notturno è solo apparente, poiché anche le stelle, analogamente agli uomini, nascono e muoiono. Lo stesso destino attende, del resto, l’intero Universo, le cui dimensioni sono talmente grandi da risultare persino incomprensibili per noi, che, al suo confronto, siamo davvero “infinitamente piccoli”.