APPENDICE

Immaginare il (nuovo) mondo

di Emanuela Fronza e Carlo Sotis

Siamo sulla stessa barca. Questo, forse, il messaggio essenziale che ci trasmette Mireille Delmas-Marty. Il suo pensiero è da sempre attraversato da metafore e da un raffinato gusto nella scelta delle parole e di giochi linguistici1Si pensi a quell’autentico manifesto espressionista che è il sintagma “pluralismo ordinato”, come nota già Francesco Palazzo nel suo contributo, forse il più caratterizzante tra quelli dell’Autrice, che ritorna sistematicamente nei suoi scritti e che dà il titolo al secondo volume (Delmas-Marty 2006) della quadrilogia sulle forze immaginanti del diritto (altro sintagma che ha la forza espressiva di un’opera d’arte). Le flou du droit è la sua opera profetica del 1986 e più di recente sui concetti di diritto «flou – impreciso, mou – facoltativo, doux – senza sanzione» (si veda Delmas-Marty 1986, p. 336; 2004, p. 182; 2006, p. 314). (si veda Delmas-Marty 1986, 2004, 2006), nella piena consapevolezza di quanto dare un colore alle idee sia necessario per veicolarle, per fare vedere ciò che pare invisibile, per rendere pensabile ciò che sembra impossibile (ibid.).
Nei suoi libri, in particolare nei più recenti, Mireille Delmas-Marty riflettendo sulla mondializzazione ricorre a metafore che attingono alla navigazione d’altura (Delmas-Marty 2016, 2019). Secondo Mireille Delmas-Marty, per rappresentare le dinamiche contemporanee, anche quelle giuridiche, è la metafora del soffio, quella del mondo dei venti la più adatta (Delmas-Marty 2016, p. 15 ss.). Qualche anno fa, a Trento, durante una appassionante cena con Mireille Delmas-Marty si cercava una parola per dare colore alle idee sviluppate nel libro Aux quatre vents du monde. Petit guide de navigation sur l’océan de la mondialisation. Una parola che esprimesse l’idea di venti che soffiassero da direzioni opposte. Così venne alla mente il “pot au noir”, iconografico termine usato dai marinai francesi per nominare la zona di interconvergenza intertropicale, dove calme asfissianti si alternano improvvisamente a violenti groppi che provengono da ogni direzione.
Il campo metaforico tradizionale del diritto è quello dell’universo liquido e delle reti idriche: fonti del diritto, normativa alluvionale, sorgente della responsabilità, flussi informativi, deriva interpretativa sono concetti tradizionali ai giuristi, ma, evidentemente, non più adeguati per descrivere una realtà complessa attraversata da dinamiche troppo sfuggenti per potere essere intubate. Mireille Delmas-Marty fa appello dunque al mondo dei venti e degli oceani per raffigurare i movimenti e le contraddizioni del mondo contemporaneo. Il tempo presente è caratterizzato dal disorientamento. Ecco perché occorre ritrovare un punto di riferimento in un contesto in cui le coordinate di tempo e spazio sono profondamente mutate. Mai, quindi, come in questo momento, in uno scenario globalizzato, deterritorializzato e iperconnesso che Mireille Delmas-Marty, alla luce della crisi sanitaria sempre più grave, nomina come «mondo reso ancor più fragile dall’Imprevedibile»2Si veda l’articolo pubblicato il 23 ottobre 2020 nel quotidiano Le Monde. abbiamo un disperato bisogno di bussole per orientarci3Marta Cartabia, il 26 aprile 2020 nella sintesi trasmessa via podcast della sua relazione come Presidente della Corte Costituzionale, ha richiamato la metafora della bussola per spiegare la Costituzione; registrazione audio disponibile.
Pur essendo stato scritto prima della pandemia, questo testo e più in generale il pensiero di Mireille Delmas-Marty contengono indicazioni preziose per orientarci nel nuovo mondo (si veda Delmas-Marty 2016)4Nei libri di Mireille Delmas-Marty si ritrova spesso la riflessione sul ruolo del giurista: architetto, paesaggista o navigatore? Da sempre i giuristi sono paesaggisti e architetti. Paesaggisti perché il giurista deve ricomporre la realtà indicando alle società come adattarsi al mondo reale. Architetti perché cercano di fare fronte ai movimenti, anche quelli più sconvolgenti, individuando un filo a piombo per ritrovare un equilibrio. Navigatore, infine, che deve imparare come navigare con venti contrari ed evitare il naufragio. Cfr. al riguardo la rosa immaginaria dei venti dominanti della mondializzazione, che possono anche divenire venti contrari.. Un invito, il suo, da sempre a indossare occhiali diversi per accogliere un pensiero dinamico (in movimento), modesto – pronto a riconoscere i propri errori e a correggersi strada facendo – cercando di umanizzare i processi di mondializzazione.
La bussola che ci indica Mireille Delmas-Marty ha il suo Nord nell’umanesimo giuridico, che diviene elemento molare. Mireille Delmas-Marty ci offre così un vento di speranza e una bussola per orientarci. La centralità della persona trova sé stessa nelle due dimensioni dell’umanesimo: diversità di ogni essere umano (singolarità) e uguale dignità. Questo Nord ci permette di navigare anche tra venti opposti, nel pot au noir, tra gli eccessi della libertà e quelli dell’eguaglianza. La libertà da sola, infatti, produce disuguaglianza e l’uguaglianza, da sola, annichilisce la libertà. Come afferma anche l’art. 3 della Costituzione italiana, è proprio la dignità a tenere assieme libertà e uguaglianza. Ecco dunque il filo che le lega: l’umanesimo.
Un umanesimo che non può che essere pluralista, sostiene Mireille Delmas-Marty, ricorrendo al concetto di mondialità (mondialité)5Idea sviluppata dall’Autrice tra universalismo imperialista e sovranismo (mondializzazione sperequata). Trattasi di un concetto per pensare “il noi” ma anche le differenze. Evita effetti imperialistici della globalizzazione ed evita rischi di un sovranismo.: non un impero mondiale, ma una comunità interdipendente, solidale. Unica e molteplice allo stesso tempo. Molteplice perché implica un certo pluralismo, ma unica perché non è sufficiente giustapporre le differenze ma occorre tendere ad armonizzare le diversità. In questo la mondialità si avvicina al pluralismo ordinato di Mirelle Delmas-Marty. Per tendere a un mondo comune occorre preservare le differenze, cercando di renderle compatibili. È dunque l’opposto di una mondializzazione selvaggia e uniformante. Diversi, interdipendenti e solidali: sulla stessa barca appunto. Dunque, un umanesimo, plurale, ma suscettibile di affrontare l’Imprevedibile. Con le parole di Glissant: «imparare a pensare e agire in questo inestricabile del mondo, senza ridurlo alle nostre pulsioni e ai nostri interessi, individuali e collettivi e, soprattutto, ai nostri sistemi di pensiero» (Glissant 2005). La mondialità, così delineata, permetterebbe di stabilizzare la mondializzazione e il vivere insieme degli esseri umani, senza tuttavia paralizzare questo processo in corso. Cercare dunque di regolare le contraddizioni, senza eliminarle.
A tale scopo Mireille Delmas-Marty ricorre alla rosa dei venti che evoca una bussola, ma che non indica la direzione, poiché questa muta a seconda delle narrazioni e degli assemblaggi, ma aiuta a orientarci in una situazione di spaesamento per chiunque.
Nuvole, «per mostrare la necessità di ricomporre il paesaggio» (Delmas-Marty 1994), venti, «per individuare i soffi anche contrari, che formano, deformano e trasformano il mondo» (Delmas-Marty 2016), bussola. Metafore che Mireille Delmas-Marty propone esprimendo l’instabilità che risulta dai processi di mondializzazione. Metafore valide anche nello scenario attuale. L’incrocio tra i quattro venti primari, tra loro opposti, produce dei venti secondari, che a loro volta attivano la mente del lettore nell’immaginare altri venti terziari. L’immagine della bussola è potente, tipicamente “delmassiana”, perché offre uno strumento teorico che non si arrocca su concetti statici.

Rosa dei venti della mondializzazione. I venti principali: sicurezza, competizione, libertà e cooperazione e i “venti tra i venti”, derivanti dall’intersezione tra i venti principali, come esclusione, innovazione, integrazione e conservazione.

La sfida, di fronte alla complessità del nostro tempo, è di alimentare un pensiero dinamico, che permetta di pensare processi, movimenti, relazioni, sull’assunto che oggi cercare le essenze delle cose è illusorio e fuorviante. Siamo nell’epoca del post-moderno, della post-verità, del post-umanesimo, un’epoca quindi addirittura in difficoltà a trovare un tratto caratterizzante suo proprio in grado di nominarla in positivo. L’unico nome utilizzato senza riferimenti al passato è “età” della crisi o delle grandi crisi che segnano la nostra era, con la recentissima aggiunta della crisi sanitaria conseguente alla pandemia. La crisi ambientale, la crisi migratoria, la crisi economica e, ora, la crisi sanitaria, sono tutti fattori che fanno vacillare le nostre già gracili certezze. La pandemia da COVID-19 mostra la fragilità di una società interconnessa, in maniera irreversibile6Delmas-Marty sottolinea che le interdipendenze diventano così forti che nessuno Stato può rispondervi da solo. Lo stato di diritto, i diritti umani, che pensavamo irreversibili, mostrano anch’essi la loro fragilità ed emerge chiaramente come possano essere fortemente attaccati, sino a sparire. Basti menzionare da un lato le derive autoritarie (terrorismo e migrazioni, ragion di stato in opposizione ai diritti umani) e le derive ultraliberali (le ragioni dei mercati, in opposizione ai diritti umani, e le 3 P: profitto, progresso, performance) col duplice rischio di disumanizzazione da parte dei mercati, a cui si aggiunge il rischio derivante dalle nuove tecnologie., e, nella sua tragicità può offrire lo spunto a un modello interessante, definito in Italia come diritto orizzontale. Si ripropone qui il tema del diritto senza sanzioni. L’integrazione europea e il rispetto dei diritti umani sono fortemente sotto attacco, quando non abbattuti da venti sovranisti e le strutture giuridiche che cercavano di dare una dimensione di “tutti” ne escono malconce. Da un lato, la crisi delle istituzioni sovranazionali e, dall’altro, l’incremento delle diseguaglianze (aumenta l’interazione, ma parallelamente, aumenta la sperequazione).

Mireille Delmas-Marty, attingendo dal poeta antillese Édouard Glissant, propone di trasformare la mondializzazione in mondialità. Stato d’animo, più che concetto, che permetterebbe di divenire l’altro, evitando l’uniformazione. Questo scambio con il diverso non implicherebbe perdersi, né snaturarsi, ma la poetica della mondialità in opposizione alla mondializzazione ha per obiettivo il preservare unità e diversità (pluralismo ordinato). Ancora una volta, andando oltre il diritto per esaminare alcune dinamiche della mondializzazione, Mireille Delmas-Marty riprende questo neologismo dalla poesia: la mondialità contro la mondializzazione, così da scongiurare i rischi di un impero per la realizzazione effettiva di un mondo. Questo, secondo l’Autrice, dovrebbe essere il compito spirituale e politico dell’umanità contemporanea. Indicazione ancor più importante oggi, dinanzi alla sfida della prima pandemia globale dopo cento anni. La semplice giustapposizione delle differenze non è sufficiente: occorre ordinare le differenze, dando vita a un umanesimo pluralista (o a un pluralismo ordinato7Tale via, indicata da Mireille Delmas-Marty in scritti risalenti, continua ad accompagnare il suo pensiero ancora oggi.). È per tale ragione che secondo Mireille Delmas-Marty è urgente immaginare una bussola radicalmente nuova: nessuna freccia che indica il Polo Nord e che privilegia una singola direzione, ma un centro simbolico, dove possano incontrarsi, se è ancora il tempo, diverse visioni di umanità, associate in un umanesimo pluralista.
In un mondo disorientato la bussola dell’umanesimo non ha come obiettivo di predire o di prescrivere un ordine mondiale ancora virtuale, ma di resistere alla violenza smascherando dinamiche in atto per riconciliare venti opposti quali sicurezza/libertà (principio di uguale dignità); competizione/cooperazione (principio di solidarietà); esclusione/integrazione (principio di ospitalità); innovazione/conservazione (principio di creatività).

Nessuna freccia che indichi la direzione, come detto, ma un centro che potrà far incontrare visioni diverse dell’umanità, funzionando da regolatore, insieme stabilizzatore e pacificatore. Stabilizzatore, non perché impedisce i movimenti, ma perché può riequilibrarli. Un tale equilibrio, simbolico, non è immobile, ma dinamico: è in continuo movimento per adattarsi alle circostanze, anche inattese, e a dei venti, anche molto forti. È poi pacificatore, non nel senso che fa venir meno le differenze, ma perché contribuisce a renderle compatibili.
Il filo conduttore di Mireille Delmas-Marty nel proporre una sovranità solidale e non una sovranità solitaria è molto evidente. In coerenza con il suo pensiero, proponendo una utopia che considera realista, ricerca criteri di compatibilità (e non di uniformità e identità), unica via, secondo l’Autrice, percorribile al fine di opporsi a dinamiche molto rischiose di chiusura e di arresto. Le coordinate per il nuovo umanesimo giuridico sono fissate da tre linee di azione innovatrici: resistere alla disumanizzazione, responsabilizzare gli attori e anticipare i rischi futuri. Secondo quanto già precisato in altri studi, Mireille Delmas-Marty insiste su queste direttrici. Resistere richiama una dimensione conservatrice del diritto. Responsabilizzare riporta a una dimensione impegnativa e immaginativa del diritto. In questo senso, ribadisce l’importanza di ricorrere all’immaginazione nel diritto dinanzi a un problema reale: il diritto fa vedere il problema e l’immaginazione giuridica lo risolve.
Infine, anticipare i rischi futuri. Il diritto diviene costruttore della realtà. Importante è qui la riflessione di Mireille Delmas-Marty sulle oggettività e soggettività giuridiche, sui diritti delle generazioni future, sulla tutela giuridica di beni indipendentemente dai diritti individuali e dagli assetti proprietari, come i beni comuni.
Tutto il pensiero e l’agire dell’Autrice ricorrono alle forze immaginanti del diritto cercando dinanzi alla complessità e a sfide inedite di trovare forme diverse, un nuovo ordine ove accogliere una logica dialettica (non binaria, o bianca o nera, ma bianca e nera) e pluralista (non dunque egemonica): una logica flou, per evitare pretese universaliste di tipo assoluto o assecondare dimensioni chiuse a livello statale. Indicazione essenziale anche per il presente ove dinanzi ai diversi fattori di crisi (terrorismo, pandemia, catastrofe climatica…) sembra non esserci altro che logiche binarie.
Immaginare per vedere ciò che è invisibile e per pensare ciò che appare impensabile. Così il percorso di Mireille Delmas-Marty ci aiuta a pensare ai diritti delle generazioni future, a un fiume come titolare di diritti, a come dare tutela a una foresta in modo da opporsi alle logiche della mondializzazione secondo cui un albero vale più da morto che da vivo, a immaginare dispositivi giuridici che permettano la tutela dei bisogni collettivi e il valore di uso e che vadano al di là dei diritti individuali e negativi di singoli individui.
Il suo pensiero comunica che la giuridicità di una regola non per forza dipende dalla previsione di una sanzione resa esecutiva mediante l’uso della forza pubblica, analizzando in fondo quali possano essere gli spazi di forme della responsabilità sociale.
Tale riflessione è resa attualissima dall’emergenza della pandemia da COVID-19 in cui assistiamo all’emersione di un gigantesco castello di regole orientate all’osservanza, ma non alla possibilità di sanzionare la violazione. Un castello di regole in cui, tra pregi e difetti, questa funzione ne ha plasmato la struttura. Precetti non accertabili e quindi non sanzionabili. Si pensi, in Italia, alla Circolare del Ministro dell’interno del 31 marzo8Circolare Ministero degli Interni 31 marzo 2020, Misure urgenti in materia di con- tenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, applicabili sull’intero ter- ritorio nazionale. Divieto di assembramento e spostamenti di persone fisiche. Chiarimenti.: è possibile per un solo genitore alla volta passeggiare con i propri figli «in prossimità della propria abitazione» e alla locuzione “congiunti” dell’art. 1 lett. a) del DPCM del 26 aprile 2020 con cui si allargava anche a questi lo spettro di persone che poteva considerarsi necessario, e quindi giustificato, andare a fare visita (sempre ovviamente nel rispetto delle norme di distanziamento e portando le mascherine).
Disposizioni assolutamente indeterminate se le leggiamo con gli occhiali della responsabilità punitiva. Se, però, le osserviamo con lenti diverse non sembrano più così imprecise. Anzi, trasmettono un messaggio chiaro: sapete voi chi vi è congiunto, ciò che è importante è che cercate di ridurre al minimo necessario i vostri contatti sociali; tracciate voi il perimetro delle vostre passeggiate, ma non andate in giro per ore per la città, perché se iniziamo a farlo tutti ci renderemo conto degli effetti sulla trasmissione del virus. Regole giuridiche, si badi, che hanno funzionato, perché il tasso di osservanza (il loro scopo) è stato ed è molto alto. Ecco, ben prima del COVID-19 e in tutt’altro contesto, è Mireille Delmas-Marty a essersi posta il tema, oggi attualissimo, della efficacia delle norme senza sanzioni (si veda Delmas-Marty 2016, p. 34) e sono le sue chiavi che permettono di leggere in modo differente ciò che ci circonda.
In linea con il dialogo con altre culture e altre discipline che colora il suo percorso intellettuale, Mireille Delmas-Marty fa appello a un’opera d’arte per dare forma alla sua teorizzazione e all’urgenza di prendere coscienza della realtà senza negarla. Assieme allo scultore veneziano, Antonio Benincà, Mireille Delmas-Marty ha realizzato una scultura-manifesto per descrivere la bussola dei possibili, immaginando, come si è detto, una governance all’interno di un mondo che si vorrebbe stabilizzare da un lato, senza uniformare e fissare dall’altro. L’opera d’arte diviene dunque programma di azione. L’apertura di Mireille Delmas-Marty e la sua capacità di immaginare il mondo è ancor più necessaria a fronte di tecnologie sofisticate che decidono cosa immaginiamo e cosa pensiamo. Assistiamo alla disominizzazione, alla desocializzazione per automatizzare e il contrario.
La scultura è anche un manifesto, con cui Mireille Delmas-Marty (chiamata da Benincà la “jurispoète”) e Antonio Benincà (chiamato da Delmas-Marty un “intelectruel”) danno conto che vi è bisogno non solo di una bussola, ma anche di nuovi media.

Pagina del carteggio tra Mireille Delmas-Marty e lo scultore Antonio Benincà.

Ci restituisce la consapevolezza della vetustà dei nostri (social) media. L’obiettivo della scultura è mostrare l’uso delle energie nate dai movimenti, già evocati, solo apparentemente disordinati della mondializzazione (sicurezza/libertà, competizione/cooperazione, esclusione/integrazione, innovazione/conservazione) per stabilizzare la società senza congelarla, pacificandola senza uniformare.
La scultura ha una struttura semplice e collega quattro elementi immateriali su cui sono distribuite le energie sul nostro pianeta: la Terra, l’Aria, il Fuoco e l’Acqua.

Bozzetti della scultura di Antonio Benincà (©2019 Antonio Benincà).

La Terra produce un’energia solida e statica e individua i diritti umani come pilastri (piedistalli). In questo modo, la rosa dei venti incisi nel terreno evoca la stabilità delle società, ma allo stesso tempo il rischio di dividere queste ultime, favorendo un fondamentalismo delle diverse visioni dell’umanità. L’Aria trasforma i diritti umani in idee ispiratrici, le cui forme mutevoli portano l’energia, dinamica ma instabile, del respiro come spirito. L’aria rende così la rosa dei venti come una specie di ronda. Tuttavia, la sua componente di instabilità porta con sé il rischio di un disordine di un mondo catturato nei turbini di venti contrari.
Il Fuoco, con l’energia bruciante della fiamma, evoca le indignazioni delle correnti umanitarie e rischia a sua volta di infiammare il pianeta di furori identitari. Tuttavia, catturando la luce del Sole, il «piccolo respiro innominato» («le petit souffle innomé»), che nei libri dell’Autrice simboleggia l’impulso vitale dei cittadini del mondo, cerca di illuminarlo, domando l’elemento del fuoco.
Infine, l’Acqua rappresenta i diritti umani come fonti che alimentano i sistemi giuridici, con il rischio di sommergerli come le rive di un fiume in piena. Ciò, a meno di circoscrivere il loro percorso verso un ricettacolo che ospita un filo a piombo immerso nell’acqua, stabilizzando i movimenti, riportandoli al livello della Terra… Un altro ciclo può quindi ricominciare. In conclusione, ciascun singolo elemento può portare a un collasso, ma la loro interrelazione può contribuire a preservare un equilibrio dinamico. Le interazioni incessanti tra i quattro elementi evocano quelle tra le diverse visioni dell’umanesimo giuridico.
L’umanesimo, come bussola del futuro, che si irradia in tutte le direzioni. In coerenza con il pensiero nel testo qui tradotto, Mireille Delmas-Marty analizza la mondializzazione e le sue contraddizioni e con la scultura mette in relazione arte e diritto.

Così ricordandoci, non solo l’alto ruolo del diritto nel fondare una comunità umana, ma anche l’importanza dell’immaginazione nella ricerca giuridica come strumento per ricomporre la realtà, anche l’Imprevedibile. Emerge dunque il ruolo del diritto nel fondare la comunità umana e l’importanza dell’immaginazione, dell’azzardo di inventare percorsi nella cultura giuridica. Senza sottrarsi a verifiche del suo pensiero in Università, ma anche al di fuori di essa, così esprimendo fino in fondo il ruolo di un intellettuale. Mireille Delmas-Marty è stata infatti spesso impegnata in Commissioni di riforma del codice penale, nel comitato di esperti dell’Unione Europea per la redazione di un progetto di diritto penale (il c.d. Corpus Juris), nel Comitato di sorveglianza dell’ufficio anti frode della Commissione europea. Da sempre ci ricorda l’alto ruolo di civiltà che svolge il diritto, anche il diritto penale, nella società e nella fondazione di una comunità umana. Anche dinanzi agli sviluppi attuali, alla società governata dalla paura in Europa e nel mondo, Mireille Delmas-Marty non nega mai la realtà. Anzi. Con la sua consueta determinazione, con il suo pensiero critico e la sua capacità immaginativa richiama i giuristi e, più in generale, gli esseri umani a una responsabilità per trovare delle vie per creare una comunità solidale.

Il diritto dunque è molto di più di un ammasso di regole calate dall’alto, ed è plasmato anche dall’impegno e dalle conoscenze di ciascuno di noi nel costituire una comunità umana di destino. Per evitare il naufragio, come insegna Mireille Delmas-Marty nel suo lungo viaggio tra i venti della mondializzazione, occorre essere consapevoli dell’interdipendenza, essere capaci di pensare in movimento e di immaginare, senza alcuna arroganza, il nuovo mondo.