INTRODUZIONE
Un discorso fissato per sempre
L’espressione scritta per mezzo dell’alfabeto è dunque un mezzo imprescindibile e diffuso di riprodurre e trasmettere qualsiasi contenuto. A tal punto che l’espressione «Non conosci nemmeno l’abbiccì», si rivolge a qualcuno che si considera immensamente ignorante, senza che questa frase sia legata obbligatoriamente alla capacità di leggere e scrivere. La parola “abbiccì” corrisponde alle prime tre lettere dell’alfabeto latino, divenuto il nostro; e il nome alfabeto deriva da quello delle prime due lettere della sequenza greca, alfa e beta; l’alfabeto greco, a sua volta, deve il nome e l’ordine dei segni a una serie ben conosciuta nel Vicino Oriente antico già nel secondo millennio a.C., la cui invenzione e diffusione i Greci antichi attribuivano ai Fenici. Questo nostro strumento quotidiano ha dunque una storia lunga, non lineare e chiaramente ricostruibile. Soprattutto, la diffusione dell’alfabeto è legata a processi storici ampi e disuguali, ricostruibili sulla base di testimonianze lacunose e non sempre sufficientemente chiare.
Come si è arrivati a questo sistema che ci sembra il migliore e soprattutto il più agile e funzionale? Guardando indietro nel tempo dal punto di arrivo del processo e mettendo insieme i pezzi in parte sconnessi della sua storia, la “nostra scrittura” ci si presenta come l’esito quasi inevitabile di un percorso che va dal più complesso al più semplice, da forme di comunicazione meno “performanti” a una sempre maggiore adeguatezza di uno strumento tecnico il cui scopo è fissare e trasmettere in modo fedele la lingua parlata. Se questo è in parte constatabile, d’altro canto la nascita, la funzione, l’uso e la diffusione delle scritture corrispondono a esigenze e motivazioni differenti, che trascendono la sola comunicazione tra società o individui e la volontà di fissare nel modo più semplice ed efficace una lingua determinata. Studi sintetizzati dall’espressione “Antropologia della scrittura”, titolo del classico volume di Giorgio Cardona (1986), mettono sempre meglio in evidenza e aiutano a capire i meccanismi e i significati consci e reconditi collegati ai diversi sistemi di comunicazione durevole che si sono affermati nel corso della storia e ai loro rapporti con la lingua parlata. In questo breve contributo, lasciando da parte questi ultimi aspetti, mi propongo di disegnare le linee generali dell’itinerario che ha portato alla formazione di un sistema grafico diffuso quasi ovunque, da Oriente a Occidente, in seguito a determinate situazioni, al di là della sua effettiva duttilità.
Mi soffermerò soprattutto sull’analisi dei momenti di formazione di determinate scritture o di passaggio da un sistema a un altro e sulla presentazione dei sistemi più diffusi. Tengo però a rappresentare, anche se in modo succinto, l’itinerario percorso dai vari alfabeti dalla loro origine fino ai giorni nostri, descrivendo anche sistemi di uso più limitato. Il mio intento è di mostrare quanto capillarmente e in modi a volte sorprendenti il sistema dell’alfabeto, che si è formato nel lontano II millennio a.C. in una regione ristretta del Vicino Oriente e all’interno di società con tradizioni meno radicate e sofisticate di quelle circostanti, mesopotamica ed egiziana, si è da un certo momento diffuso e affermato quasi ovunque.
Lingua e scrittura1Cardona 1986 passim e 2009, pp. 3-33. Dopo questi lavori sono stati editi numerosi studi che riguardano il rapporto tra scrittura e lingua e, in ambito più ampio, scrittura e società, scrittura e identità; v., come impostazione, ad es. Koller 2018; Boyes, Steele 2020; inoltre, Marazzi 2016; Daniels 2018; Boyes, Steele, Astoreca 2021 (con ampia bibliografia).
Tutte le specie animali comunicano fra loro, ma il linguaggio articolato è caratteristico della specie umana. Si specifica “linguaggio articolato”, perché questo tipo di comunicazione non consiste semplicemente in suoni, ma in unità di suoni che combinate e separate tra loro in determinati modi, producono significati specifici e diversi, i quali, sulla base delle strutture che si costituiscono, danno luogo alle diverse lingue. Queste lingue formatesi nel corso della storia – che nell’analisi moderna sono state classificate in famiglie imparentate o meno – furono sufficienti in tempi lunghissimi a scambiare le informazioni necessarie al funzionamento delle varie comunità umane. La necessità di fissare contenuti ben determinati in modo da renderli duraturi e poterli trasmettere a un gruppo più ampio rispetto ai presenti o a una cerchia facilmente raggiungibile, si è certamente manifestata fin dal paleolitico indipendentemente dal linguaggio, specialmente per mezzo di pitture e graffiti. Lo scopo e il significato delle rappresentazioni dei periodi preistorici sono per noi impossibili da definire e controversi: come qualsiasi rappresentazione, comunicano significati noti a comunità sufficientemente coese per interpretarli, legate a un pensiero che i membri del gruppo potevano “tradurre” per mezzo di espressioni orali, come accade per ogni immagine o cicli d’immagini che siano descritti a parole. Un esempio – adatto soprattutto a tempi non recentissimi – è la rappresentazione pittorica di un episodio della Bibbia o della vita di un santo famoso che qualsiasi membro di una comunità cristiana può essere in grado di intendere e raccontare con parole proprie.
Il passaggio da rappresentazioni simboliche più complesse, come cicli di immagini, o più semplici, come tacche o altri sistemi mnemonici per contare ad esempio il tempo o categorie di oggetti, a una scrittura vera e propria non è un processo evolutivo lineare e univoco2V. ad es. Cardona 1986, pp. 17-28.; infatti, accanto alla scrittura che rappresenta una lingua, coesistono sempre e tuttora sistemi di rappresentazioni che convogliano, per mezzo di simboli non scrittori, contenuti, storie, miti, incantesimi e scongiuri, o semplici ammonimenti e segnalazioni. La definizione stessa di scrittura è ambigua e non concordemente formulata. In senso ristretto, la scrittura è un sistema logico di trasmettere un pensiero strutturato3Si intende un pensiero non immediato. che una determinata società è in grado di interpretare in modo concorde. In questo senso non sono scrittura le raffigurazioni o i graffiti cui si è fatto riferimento sopra; non lo sono neanche i sistemi di comunicare conti o messaggi per mezzo di nodi o altri simboli, seppure si tratti di procedimenti codificati per trasmettere determinate indicazioni o conoscenze. Il legame tra rappresentazione del pensiero (rappresentazioni concettuali), immagini, lingua e scrittura è chiaramente rappresentato da un grafico in un volume di G.R. Cardona (Fig. 1).
Si può dire scrittura – concordando con la definizione di Cardona, più rigorosa rispetto ad altre più diffuse – un insieme di segni nel quale determinati “elementi grafici” (immagini figurative o simboli astratti) sono associati a specifici significati che possono essere espressi in maniera univoca dalla comunità4Cardona 2009, pp. 11-12: «Ma solo un segno grafico non è ancora scrittura; per questa sono necessari più segni connessi in un sistema di opposizioni. Sarà quindi un sistema grafico ogni insieme (finito e numerabile) di segni in cui a elementi grafici si associno significati distinti ed esplicitabili linguisticamente dalla comunità. L’elemento grafico è naturalmente ancora un’unità astratta; esso sarà reso percepibile da grafismi tracciati in qualche modo su un supporto, che dovranno essere distinti e tipizzati, cioè ripetibili in forme ogni volta riconoscibili»..