II. ORIGINE DELL’ALFABETO: TRADIZIONI SCRIBALI, MULTICULTURALITÀ E INTERNAZIONALISMO

Scrittura sillabica/scrittura alfabetica: definizioni e usi1V. ad es. Cardona 2009, pp. 26-27.

C

ome si è visto nessuno dei messaggi “scritti” riproduce originariamente una determinata lingua. Nel tempo tuttavia ogni sistema, pur restando ampiamente interpretativo, si avvicina al discorso parlato in funzione di una comprensione più esatta possibile del messaggio da comunicare e rendere stabile. Lo sviluppo, secondo la ricostruzione corrente, va dalla rappresentazione d’immagini, comprensibili al di fuori di una lingua, al legame tra immagine e suono in rapporto con un parlato, a simbolo di un suono indipendente dall’immagine. Questo processo portò in Mesopotamia a una schematizzazione estrema delle raffigurazioni originarie che non sono più riconoscibili. Invece, in Egitto, e in minor misura nell’Egeo, si verificò un diverso sviluppo dei segni, che rimasero più legati alle raffigurazioni di origine. Anche in questi sistemi, tuttavia, i simboli con valore fonetico rappresentano solo in alcuni casi un’unità di suono semplice (un fonema), ma per la maggior parte delle unità composite che chiamiamo sillabe (generalmente suoni vocalici possono essere indicati da singoli segni). Le scritture fin qui analizzate – con l’eccezione del cipriota sillabico – sono dunque dei sistemi misti, nei quali il discorso è in parte scomposto in unità fonetiche, i cui segni non rappresentano inequivocabilmente tutti i suoni del discorso e la cui interpretazione ha bisogno di sussidi (determinativi). L’egiziano rappresenta in maniera non ambigua solo i suoni consonantici della lingua e comprende nel suo sistema anche segni che rappresentano una sola consonante: si tratta di raffigurazioni di parole formate da una sola radice consonantica e il simbolo che le rappresenta fa dunque astrazione della vocale (o delle vocali) che accompagnava la consonante. Ogni segno del sistema rappresenta dunque sia parole sia segmenti di parole; la pronuncia effettiva di quanto scritto deve essere ricostruita dal lettore.

Il principio alla base dell’alfabeto quale noi lo concepiamo adesso è diverso. Suo scopo teorico – ricostruito a posteriori – è di rappresentare ogni suono che compone una determinata lingua mediante un simbolo non ambiguo. La lingua è scomposta in unità fonetiche minime distintive, chiamate fonemi, suoni caratteristici, che se cambiati, cambia il significato della parola, come, in italiano velo rispetto a vero o a volo, caro rispetto a cado o a coro. Negli esempi citati i fonemi possono essere vocalici o consonantici e sono rappresentati da singoli segni (grafemi), che sono riprodotti uguali ogni volta che si ripete il suono che ciascuno di loro rappresenta: i segni sono quelli che si chiamano normalmente “lettere”. Il sistema alfabetico così definito è facilmente adattabile. Infatti, la maggior parte delle lingue è composta da un numero limitato di fonemi e si può perciò rappresentare per mezzo di un numero limitato di segni. Questo sistema, una volta costituito e affermato in una zona determinata, si è diffuso facilmente – non tanto o solo per la sua presunta funzionalità (riconosciuta a posteriori), ma grazie a precise circostanze storiche – ed è stato adattato a un gran numero di lingue di famiglie diverse, con le modifiche dovute alle differenze dei sistemi fonologici di ciascuna di esse e con le differenze formali legate a fattori cronologici, sociali, culturali e così via.

Come si osserva facilmente nell’uso ortografico delle diverse lingue odierne, il sistema descritto è un’astrazione teorica: nella realtà nessun sistema grafico ha riprodotto in maniera esatta la lingua parlata e ciò per motivi di natura diversa, ogni volta legati a situazioni specifiche: in origine l’“alfabeto” non intendeva rappresentare con un simbolo specifico ogni suono della lingua annotata, ma rendere comprensibile un messaggio con gli strumenti allora a disposizione – imitati, modificati o inventati – sulla base di esigenze locali. In seguito, lo sviluppo storico delle varie lingue che hanno adottato il sistema ha prodotto adattamenti e cambiamenti nell’uso: in alcuni casi l’alfabeto si è avvicinato alla corrispondenza “un suono = una lettera”; in altri, anche per lo sviluppo delle singole lingue, il sistema, rimasto legato a precedenti tradizioni, si è allontanato dalla corrispondenza supposta dalla definizione teorica (v. ad es. le ortografie dell’inglese).

Di fatto, il primo “alfabeto” storicamente testimoniato non si adeguava alla definizione che, successivamente, è stata data di questo mezzo di scrittura. Al contrario, nelle prime iscrizioni chiamate “alfabetiche” erano rappresentate in maniera non ambigua solo le consonanti, concordemente con quanto avviene nel sistema egiziano (dal quale la scrittura alfabetica ha molto verosimilmente avuto origine). Tuttavia, diversamente dal modello egiziano, ogni simbolo era solo fonetico (non sono usati determinativi) e rappresentava in maniera non ambigua una sola consonante, ciò che ha permesso di fissare la lingua annotata – nel caso dei primi alfabeti una lingua semitica del gruppo occidentale2Per la classificazione v. Huehnergard, Rubin 2011. – con un numero molto limitato di segni che non supera la trentina. Questo tipo di annotazione grafica, conosciuto già nel II millennio a.C., è comunemente chiamato alfabeto consonantico, una denominazione che è apparsa poco felice per più di una ragione: 1) se il termine alfabeto corrisponde alla definizione che si è data sopra, un sistema che non rappresenta in maniera esatta tutti i fonemi della lingua, non può ricevere questo nome. 2) Non è probabile che un singolo simbolo corrispondesse in origine a un unico suono e non (anche) a una sillaba costituita da consonante e vocale non specificata (I.J. Gelb, infatti, ha definito gli alfabeti consonantici «sillabari semplificati»). P.T. Daniels ha perciò introdotto due nuovi termini, abjad e abugida ad indicare il primo gli alfabeti chiamati “consonantici”, il secondo quelle scritture nelle quali ogni singolo segno indica una consonante e una determinata vocale e nel quale le altre vocali sono rappresentate grazie a una modifica del segno di base. La parola abjad corrisponde al nome in arabo delle prime lettere dell’alfabeto secondo l’ordine tradizionale degli abbecedari del Vicino Oriente antico (l’arabo ha poi ordinato i segni diversamente). Abugida è il nome etiopico della scrittura ge’ez (la principale scrittura etiopica) e corrisponde anche in questo caso al nome dei primi segni di questo sistema. Il termine abjad a indicare gli alfabeti consonantici si è diffuso ed è usato comunemente. Preferisco tuttavia adoperare l’espressione “alfabeto consonantico”, abbreviata in “alfabeto” in contesti chiari, che mi sembra più immediatamente comprensibile e passata nell’uso comune.

Scritture alfabetiche nel II millennio a.C.

Iscrizioni protosinaitiche, iscrizioni di El-Hol3Oltre alle trattazioni nei manuali di storia della scrittura, v. in particolare, tra le numerosissime trattazioni, Gardiner 1916; Gardiner 1962; Albright 1966; Briquel-Chatonnet 1997; Darnell et al. 2005; Hamilton 2006; Sass 2008; Puech 2015; Merlo, Proto-sinaitico, http://mnamon.sns.it/.

Documenti che si considerano rappresentare un primo stadio di scrittura alfabetica nel II millennio a.C. sono conosciuti da tempo e lungamente studiati. In Egitto e nei territori a esso legati, dove la scrittura geroglifica era oramai diffusa sotto varie forme almeno dagli inizi del III millennio a.C., accanto ai sistemi legati alla lingua egiziana, è testimoniata una scrittura nuova, i cui più antichi esempi conosciuti sono stati scoperti nel Sinai e, in seguito, in Egitto. I segni, come è da aspettarsi data l’area della loro attestazione, hanno rapporti formali con i simboli della scrittura egiziana (in parte geroglifici in parte ieratici), ma il loro numero è molto inferiore, intorno alla trentina o poco meno.

Le nuove iscrizioni sono state individuate per la prima volta nel 1905, in seguito agli scavi di Sir William Flinders Petrie, nella località di Serabit el-Khadim, nel Sinai occidentale, un insediamento sfruttato dagli Egiziani per le miniere di rame e di turchese, specialmente in due periodi, nel corso della XII e XIII dinastia (Medio Regno: ca. 2050-1650 a.C.) e, più tardi, in periodo ramesside (Nuovo Regno: 1550-1070 a.C.). In questa zona, oltre allo scavo delle gallerie per l’estrazione mineraria, sono stati eretti diversi monumenti, ed è stato costruito un santuario dedicato alla dea egiziana Hathor, con varie iscrizioni in caratteri geroglifici incise su statue e stele. Insieme a questi testi, è presente un gruppo d’iscrizioni incise su roccia, in alcuni casi su stele e oggetti scolpiti, redatte in una scrittura i cui segni di tipo figurativo sono da avvicinare per la forma ai geroglifici, anche se non tutti trovano confronti nella scrittura egiziana. Le iscrizioni di questo gruppo sono state chiamate “protosinaitiche” da Flinders Petrie4Petrie 1906. “Protosinaitiche” perché l’espressione “iscrizioni sinaitiche” è attribuita a un gruppo di graffiti aramaici nabatei tardi attestati nella stessa regione.; questa designazione, certo poco chiara, tende ora a essere sostituita da quella di scrittura “proto-alfabetica”5“Early Alphabetic”, v. Hamilton 2014., che ha però lo svantaggio di sottintendere che questi documenti siano all’origine diretta degli alfabeti successivi, il che non è dimostrato. Iscrizioni protosinaitiche sono state scoperte da altre missioni archeologiche in località vicine a Serabit el-Khadim, arrivando a riunire almeno una cinquantina di testi, generalmente brevi, incisi su statue o su roccia.

Il carattere di alfabeto consonantico delle iscrizioni è stato ipotizzato già da Flinders Petrie. Si è anche supposto fin dalle prime scoperte che la lingua annotata fosse semitica, anche perché nelle iscrizioni geroglifiche dell’insediamento del periodo della XII dinastia è citata la presenza di Asiatici, che sono anche rappresentati su stele locali secondo iconografie tradizionali in Egitto per questi popoli. Si deve a Sir Alan Gardiner l’aver messo in rapporto, già nel 1916, i segni “protosinaitici” con i successivi simboli dell’alfabeto consonantico lineare6Il vocabolo lineare è usato in contrapposizione a cuneiforme. e l’aver attribuito loro il valore fonetico della prima consonante del nome di quanto era rappresentato in una lingua semitica (secondo un sistema detto acrofonico), basandosi in parte sul nome dei segni nelle serie alfabetiche note, soprattutto nell’ebraico biblico. Così, ad esempio, il simbolo della casa *bayt, avrebbe indicato il suono b, il simbolo del palmo della mano, *kap, il suono k, quello della testa *rā’š, il suono r. Applicando queste premesse, Gardiner identificò alcune sequenze di segni, tra le quali la parola b‘lt “signora”; in seguito, Robert Eisler (1919) individuò l’espressione m’hb(b)‘lt “amato della signora” che è incisa in particolare sulla statuetta di una sfinge, ora al British Museum, con un doppio testo, in protosinaitico e in geroglifico (Tav. 7). Il testo geroglifico menziona un “Amato di Hathor, [Signora] della turchese”. L’iscrizione è dunque almeno in parte bilingue e dimostra l’esattezza della lettura e dell’interpretazione proposte già da Gardiner, quindi del suo metodo di decifrazione. La scrittura consta di circa 30 segni, tracciati in direzioni variabili, da destra a sinistra, da sinistra a destra, anche verticalmente o in maniera irregolare.

Tav. 7. Sfinge con iscrizione dedicatoria geroglifica e protosinaitica (Londra, British Museum / © Trustees of the British Museum).

Nonostante vari successivi tentativi, non si sono fatti progressi indiscutibili rispetto alle prime interpretazioni. Una proposta di decifrazione complessiva si deve a W.F. Albright (1966); una serie di studi è di B. Colless (in particolare, Colless 1990); varie analisi hanno proposto interpretazioni di singole iscrizioni o gruppi di testi; di recente si segnala uno studio di É. Puech (2015); nessuna proposta, tuttavia, ha portato a risultati del tutto certi: sono stati individuati alcuni termini, ma nessuna iscrizione è stata interpretata nella sua interezza senza problemi, soprattutto per la mancanza di confronti con formulari noti. Rimane l’acquisizione di aver a che fare con una scrittura nella quale ogni segno indica in modo non equivoco una consonante, secondo un sistema che diventerà prevalente nel I millennio a.C. Non sono messe in dubbio l’ispirazione di questo tipo di scrittura dal sistema egiziano e l’annotazione per mezzo di esso di una lingua semitica, servendosi di simboli il cui suono deriva verosimilmente dall’applicazione del sistema acrofonico; inoltre, il valore fonetico di un buon numero di segni è stato stabilito.

La datazione delle iscrizioni – in rapporto anche con due graffiti scoperti in seguito a Wadi el-Hol (v. infra) – non è concorde. Una cronologia intorno al 1800 a.C. (Medio Regno) era stata proposta da Flinders Petrie; abbassata da Albright a circa il 1500 a.C., senza ragioni solide, è stata rialzata di nuovo da B. Sass, ponendola nel corso del Medio Regno (tra il 1850 e il 1700 a.C.), data ora riproposta da J.C. Darnell (Darnell et al 2005, pp. 86-90) e G.J. Hamilton (2014, pp. 31-34), seguiti da O. Goldwasser (2012), C. Rollston (2010, pp. 11-14), É. Puech (2015) e A. Koller (2018 e 2020). Una cronologia più bassa è stata proposta da F. Briquel-Chatonnet (1997) tra il XVII e il XVI secolo a.C.; dopo il suo primo studio, B. Sass (2008) pone ora le iscrizioni tra il XIV e il XIII secolo a.C., in un periodo di poco precedente e contemporaneo all’uso dell’alfabeto consonantico a Ugarit7Lo stesso arco cronologico – partendo da una ricostruzione del tutto diversa – è proposto da Garbini 2006, pp. 66-70..

Accanto al gruppo di iscrizioni messe in luce nel Sinai, negli anni Novanta del Novecento sono stati individuati due graffiti incisi su roccia nella località chiamata Wadi el-Hol, in Egitto, redatti in una scrittura simile, ma non identica, a quella protosinaitica. Anch’essi sono considerati alfabetici, ma non si è arrivati a una loro decifrazione sicura data l’esiguità delle attestazioni. Altri oggetti con iscrizioni di un tipo paragonabile vengono man mano individuati: tra questi uno strumento per tessere con alcuni segni8È il c.d. “Lahun Heddle Jack”, v. Hamilton 2006, pp. 296-299, con bibliografia e discussione riguardo alla data, che Hamilton pone – senza prove certe – tra il 1800 e il 1750 a.C. e un’iscrizione, di autenticità discussa, proveniente dal sito minerario di Timna, a circa 25 km a Nord di Elat, in Israele (attribuita al periodo XIV-XII secolo a.C.)9Wimmer 2010. V. su questo, con l’aggiunta di altri possibili esempi, Colless 2010..

Le iscrizioni del Wadi el-Hol sono due brevi testi (rispettivamente di 16 e 12 segni) incisi su una parete rocciosa nella zona desertica a Nord-Ovest di Tebe (Luxor) (Fig. 12), una zona di passaggio di strade che collegavano Tebe con Abido e un importante snodo di attività militari, economiche e religiose, testimoniate da iscrizioni che si sviluppano dal Medio Regno al periodo islamico, con il più ampio numero di testi concentrato nel Medio Regno. I due graffiti sono stati individuati nel 1994-95 dalla “Theban Desert Road Survey” e sono stati messi in evidenza in primo luogo da J.C. Darnell, con la collaborazione di F.W. Dobbs-Allsopp, M. J. Lundberg, P.K. McCarter e B. Zuckerman (Darnell et al. 2005); sono stati ristudiati in seguito da vari esperti di egittologia ed epigrafia, in rapporto con la questione della nascita della scrittura alfabetica. Quanto alla loro cronologia, con l’eccezione di B. Sass, queste iscrizioni sono attribuite alla fine della XII dinastia (ca. 1800-1750 a.C.) e sono ispirate, secondo gli scopritori, da un misto di scrittura ieratica e geroglifica, quale è spesso impiegata in questo periodo per iscrizioni incise su roccia. Secondo questi ultimi e successivi editori, le iscrizioni sarebbero un po’ più antiche di quelle protosinaitiche e costituirebbero quindi i primi esempi a noi noti di scrittura alfabetica consonantica.

Fig. 12. Iscrizione 1 dal sito dello Wadi el-Hol (Darnell et al. 2005, p. 75, Fig. 2a).

Questi stessi studiosi attribuiscono l’origine di questo tipo di scrittura a un ambiente di asiatici, stabiliti in Egitto, appartenenti a una classe di militari. Infatti, tra i graffiti egiziani di Wadi el-Hol attribuiti alla fine del Medio Regno e messi in relazione con i due testi “alfabetici”, sono citati uno scriba di un esercito di Asiatici e un generale di nome Bebi; questi graffiti testimonierebbero dunque l’ambiente che avrebbe adattato alla propria lingua semitica il sistema di scrittura egiziano, semplificandolo. La sua formazione sarebbe avvenuta in Egitto prima dei graffiti di el-Hol, intorno al 1900 a.C., e avrebbe dato origine (sulla tenue base di alcuni segni specifici) anche alle scritture sud-semitiche. Un’opinione diversa è sostenuta invece da O. Goldwasser che ritiene inventori della scrittura alfabetica consonantica gli Asiatici residenti nel Sinai, lavoratori con una conoscenza superficiale del sistema egiziano, tanto da essere definiti “Cananei illetterati”, e ciò sempre nel corso del Medio Regno10V., oltre ai lavori citati, Goldwasser 2010, con esposizione d’insieme delle vedute della studiosa..

Se una soluzione sicura del problema non è permessa dalla documentazione, la data alta, anche se confutata con alcuni buoni argomenti da B. Sass, sembra possibile sulla base dell’analogia con la diffusione precoce della scrittura cuneiforme in Siria. Invece, l’invenzione o in ambito militare, in Egitto, o da parte di gruppi di lavoratori privi di cultura letteraria, nel Sinai, non mi sembra persuasiva (v. già Puech 2015). Nel periodo cui si attribuiscono queste prime iscrizioni alfabetiche, la conoscenza della scrittura (cuneiforme e geroglifica) era diffusa, nel Bronzo Medio, anche in zone che in precedenza si presumevano prive di scrittura; non sembra perciò del tutto inverosimile – pur mancando prove – proporre che anche il sistema egiziano abbia indotto, in un’epoca antecedente la metà del II millennio a.C., alcuni centri locali legati alla cultura dell’Egitto e provvisti di una certa organizzazione amministrativa e burocratica, a dotarsi di un mezzo di comunicazione scritto per fissare la propria lingua11V., con proposta del centro di Biblo (dove, tuttavia, è presente anche la scrittura “pseudogeroglifica”), Tonietti 2015; v. anche Puech 2015, che concorda con la possibile origine gublita.. Un centro provvisto di una burocrazia avrebbe adattato il sistema egiziano semplificandolo, grazie anche alla conoscenza dell’uso dei segni monoconsonantici del sistema egiziano; il principio dell’acrofonia avrebbe poi aiutato anche l’apprendimento, come osservato da O. Goldwasser.

Il sistema acrofonico implica l’essere in grado di isolare ogni suono distintivo della lingua che si vuole annotare: il procedimento sottintende sia la conoscenza di un sistema grafico di corrispondenze tra segno e suono, sia la capacità di analisi precisa dei suoni della lingua che si vuole annotare. Non può quindi avvenire in un ambiente che non abbia almeno la padronanza di un sistema di scrittura. Tuttavia, la mancanza di una documentazione continua tra queste prime testimonianze alfabetiche, se davvero la loro cronologia è così alta, e le testimonianze, invece, dell’uso corrente dell’alfabeto consonantico nel Bronzo Tardo, rende questa ricostruzione ancora un’ipotesi, seppure verosimile.

Escludendo l’ambito militare in Egitto e quello operaio nel Sinai, un problema non insignificante (oltre a quello cronologico) riguarda il possibile centro/ambito nel quale l’alfabeto consonantico può aver avuto origine. Fanno difficoltà soprattutto la mancanza di documentazione, inoltre le osservazioni presentate in alcuni studi da W.H. van Soldt, per quanto riguarda la diffusione della scrittura cuneiforme nel Levante nel periodo del Bronzo Medio. Questo studioso ha messo in risalto la scarsità di centri regionali con possibili scuole locali di scrittura in questa fase e ha formulato l’ipotesi dell’esistenza di pochi professionisti che, secondo le necessità, si potevano spostare da un centro all’altro. Secondo van Soldt, nel Bronzo Medio i pochi centri scribali regionali usavano il cuneiforme per rapporti con altri stati, mentre per le necessità interne delle singole città sarebbe stata sufficiente una comunicazione orale (van Soldt 2013). Di fatto, oltre alle iscrizioni della regione di Tebe e del Sinai, la documentazione che precede il periodo del Ferro è molto scarsa e si deve colmare un vuoto rispetto alla cronologia proposta per le iscrizioni sopra analizzate. La situazione è la seguente.

L’alfabeto consonantico è ampiamente usato a Ugarit e nel suo territorio, mediante la tecnica cuneiforme intorno al 1300 a.C. o poco dopo; più a Sud pochi documenti, che per la forma dei segni si possono connettere alle iscrizioni dell’Egitto e del Sinai e che sono detti comunemente “protocananaici”, risalgono con sicurezza al Bronzo Tardo. Le analisi di van Soldt appoggerebbero dunque o la datazione bassa della scrittura alfabetica del Sinai e dell’Egitto proposta da Sass o ne confermerebbero l’uso limitato a classi specifiche, come proposto da Darnell e da Goldwasser. Tuttavia, l’esistenza a Ugarit e in territori circostanti nel XIII secolo a.C. di un sistema alfabetico, scritto con sefni di tipo cuneiforme, ben canonizzato secondo tradizioni attestate successivamente, verosimilmente preso a prestito dall’ambiente circostante, insieme con altra documentazione isolata, man mano in aumento, fa concludere per la presenza certo almeno dagli inizi del Bronzo Tardo – e forse prima – di un alfabeto lineare altrettanto ben strutturato.

Scrittura ugaritica12V. più di recente Bordreuil, Pardee 2009; Tropper 2012; Dietrich, Loretz, Sanmartín 2013; da ultimo, con tutte le indicazioni bibliografiche, v. Boyes 2021.

Sul tell chiamato ora Ras Shamra (“Capo del finocchio”), a pochi chilometri a Nord dalla moderna Lattaquie (Siria) e a circa 800 metri dalla costa, gli scavi di una missione francese iniziata nel 1929 e diretta da Cl.-F. Schaeffer hanno messo in luce un centro che si è rivelato essere l’antica città di Ugarit (il suo porto è localizzato nella vicina baia di Minet el-Beida). Il sito, abitato fin dal Neolitico preceramico, ebbe una fioritura straordinaria nel Bronzo Tardo e fu distrutto intorno al 1180 a.C. Già dal 1929 fu scoperta, accanto a testi soprattutto in accadico, una serie d’iscrizioni incise su tavolette in argilla secondo la tecnica cuneiforme, i cui segni, tuttavia, erano diversi da quelli di origine mesopotamica e, soprattutto, erano in numero limitato, consistente – come si accertò ben presto – in 30 simboli (Fig. 13). Gli scavi di Ugarit, sospesi nel periodo della Seconda guerra mondiale, sono ripresi in seguito senza interruzioni. Nel corso dei lavori sono stati rinvenuti diversi archivi, sia legati alla corte regale sia conservati in dimore private. Contenevano tavolette cha ammontano a circa 2000, iscritte in cuneiforme alfabetico e un numero un po’ superiore, circa 2500, in cuneiforme di origine mesopotamica (Tropper, Vita 2020; Hawley 2020); vari testi in alfabeto locale sono scritti in lingua hurrita. Ulteriori iscrizioni sia in ugaritico sia in cuneiforme mesopotamico, sono state trovate nel vicino sito di Ras Ibn Hani, dove si sono messi in luce in particolare i resti di un centro palaziale, con un edificio di speciale importanza il così detto palazzo Nord (Bounni, Lagarce, Lagarce 1998).

Fig. 13. Alfabeti cuneiformi ugaritici (Healey 1996, p. 215, Fig. 7).

Le iscrizioni nella nuova scrittura di 30 segni sono state decifrate molto rapidamente grazie a Hans Bauer, Charles Virolleaud e Édouard Dhorme, con la collaborazione di Marcel Cohen (Bordreuil, Hawley, Pardee 2010), arrivando alla conclusione che la lingua espressa apparteneva al gruppo semitico. La classificazione dell’Ugaritico, nell’ambito delle lingue semitiche nord-occidentali è peraltro tuttora discussa. Si tratta infatti di una lingua che non si identifica né come cananaica né come aramaica ed è per ora classificata a sé. Riguardo alla scrittura, i segni sono incisi generalmente da sinistra a destra mediante la tecnica cuneiforme di origine mesopotamica. La cultura mesopotamica era in questo periodo solidamente impiantata nel Levante; a Ugarit i numerosi testi accadici fanno supporre che gli scribi potessero parlare anche un dialetto accadico con influssi della lingua locale. La città era peraltro un centro cosmopolita, dove l’elemento hurrita era numeroso. Sono, inoltre, presenti testi in scrittura cipro-minoica e sigilli in geroglifico ittita. Mentre l’accadico era usato soprattutto per la corrispondenza e rapporti con l’esterno, l’alfabeto ugaritico, oltre a essere usato per la trascrizione di un buon numero di testi in hurrico e per alcuni testi accadici, è impiegato soprattutto per esprimere la lingua locale in un’ampia varietà di generi: miti, leggende, testi liturgici e magici, lettere, documenti amministrativi, economici e scolastici. L’importanza di questi testi è dunque eccezionale, non solo dal punto di vista filologico, linguistico e di storia della scrittura. I miti, le leggende, le composizioni poetiche sono le prime attestazioni che abbiamo di una letteratura del Levante, che trova echi successivi nel I millennio a.C. sia in documenti epigrafici di quest’area sia nella Bibbia ebraica.

I segni ugaritici – con tre eccezioni – hanno ciascuno il valore fonetico di una consonante, come i successivi alfabeti dell’Età del Ferro. L’ordine delle lettere è conosciuto da alcune serie alfabetiche rinvenute; coincide, con l’aggiunta di 6 segni intercalati e di 3 aggiunti alla fine, con l’ordine noto dall’ebraico biblico attestato soprattutto in alcuni salmi e da altre lingue semitiche nord-occidentali grazie a serie alfabetiche incise o dipinte su pietra o ceramica. Lo stesso ordine è quello dell’alfabeto greco, passato poi in Occidente e giunto fino a noi tramite il latino. I fonemi dell’ugaritico sono 28: 27 sono integrati nella serie “comune” rispetto agli alfabetari noti; una lettera è aggiunta alla fine dell’alfabeto e corrisponde a una sibilante di articolazione discussa. Altri due segni che la precedono indicano la consonante alef accompagnata da una vocale: nell’alfabeto ugaritico, dunque, tre lettere indicano la alef (una consonante laringale) specificandone la vocale di accompagnamento: sono dunque segni sillabici. Il primo della serie è alef + a (’a), il terzultimo e il penultimo sono alef + i (’i) e alef + u (’u) – a, i e u sono le tre vocali originarie in semitico.

In base all’ordine dei segni negli abbecedari, si è concluso che a Ugarit sia stato adottato un esistente sistema alfabetico consonantico di 27 segni cui sono stati aggiunti tre segni alla fine della serie, due per specificare la vocalizzazione di alef e uno per una sibilante che non esisteva nel modello. A conferma di questa conclusione, alcuni segni cuneiformi ugaritici sono stati paragonati per la forma alle corrispondenti lettere in alfabeto lineare di tipo “fenicio” (in qualche caso anche sudarabico)13V. in particolare Vita 2004. – modificandole in base alle necessità della tecnica cuneiforme. La specificazione della vocale nel caso della consonante alef sarebbe dipesa dalla necessità di trascrivere la lingua hurrita, che ben si adatta a essere espressa mediante l’alfabeto cuneiforme (Vita 2013). Non abbiamo indicazioni riguardo al modello ispiratore, che comunque doveva possedere un numero di fonemi superiore rispetto all’alfabeto che si diffonderà nel I millennio a.C. e che appare legato alla fonologia del fenicio. Al di fuori di Ugarit e di Ras Ibn Hani, testi in cuneiforme alfabetico sono stati trovati a Tell Nebi Mend, Sarepta, Taannach, Beth Shemesh; inoltre, a Tell Sukas, Kamid el-Loz, Nahl Tavor e fino a Cipro (Hala Sultan Tekke) e a Tirinto14Per l’iscrizione di Tirinto, che non compare ancora nelle raccolte più recenti, v. in particolare Tropper, Vita 2010..

L’alfabeto di 30 segni, con direzione della scrittura da sinistra a destra, non è l’unico attestato a Ugarit: una serie di poche decine di documenti ha un patrimonio fonetico inferiore (il numero delle lettere, probabilmente 22, come nel fenicio, non è del tutto sicuro, non essendoci serie alfabetiche) ed è scritto da destra a sinistra. Alcuni segni di questo alfabeto breve sono inoltre diversi dai corrispondenti segni dell’alfabeto lungo; si suppone perciò di avere a che fare con momenti/ambienti diversi nella formazione dei due sistemi15Sugli alfabeti v. Dietrich, Loretz 1988.. È stato proposto da J. Tropper che la lingua dei testi brevi, rinvenuti in pochi casi a Ugarit e soprattutto al di fuori del regno, non sia ugaritica ma “cananaica del nord” o fenicia (Tropper 2012, § 22.8); è da ricordare tuttavia che, oltre i brevi testi alfabetici cuneiformi da quest’area, e specificatamente una breve iscrizione da Sarepta16Il testo non solo è scritto in alfabeto breve, ma usa un formulario e soprattutto un verbo p‘l col significato di “fare” tipico della lingua fenicia., la regione fenicia non ha rivelato per questo periodo – almeno per ora – alcun documento locale, se non un gruppo di più antiche lettere in babilonese rinvenute nell’archivio el-Amarna. Tra i documenti in alfabeto cuneiforme rinvenuti fuori da Ugarit la tavoletta trovata a Beth-Shemesh negli anni Trenta del Novecento ha un’iscrizione sinistrorsa mal conservata, il cui contenuto è stato a lungo discusso. Nel 1987 A.G. Lundin ha proposto di interpretarla come un abbecedario che segue l’ordine hlh.m, lo stesso della serie del sud-arabico (Lundin 1987). L’interpretazione, nonostante alcune incertezze nella lettura, è stata confermata dall’identificazione, nel 1988, di una seconda tavoletta, questa volta trovata a Ugarit stessa, con un’analoga sequenza alfabetica (anche in questo caso con alcune incertezze nella lettura), tracciata da sinistra a destra (Bordreuil, Pardee 1995). Il significato di queste scoperte riguardo alla formazione dell’alfabeto consonantico, specialmente di quello sud-arabico, rimane discusso e incerto. È però dimostrato che nel Bronzo Tardo coesistevano almeno due tradizioni nell’apprendimento della scrittura alfabetica, ambedue testimoniate in seguito nel periodo del Ferro e affermatesi una nel nord del Vicino Oriente e in Occidente, l’altra nel sud, adottata poi dalla tradizione della varietà meridionale dell’alfabeto consonantico (v. specificamente Vita 2004). Un ostrakon egiziano, trovato in rapporto verosimile con una tomba di Tebe della XVIII dinastia (XV secolo a.C.), presenta le consonanti iniziali delle prime quattro righe del retto che formano la sequenza hrh.m, cioè quella delle prime quattro lettere dell’ordine hlh.m17Haring 2015. Quest’ordine è attestato nella tradizione egiziana di periodo tolemaico.: l’ostrakon – se la sua connessione con la tomba è corretta – sarebbe un indizio in più per far risalire almeno alla metà del II millennio sia l’origine di un sistema consonantico canonizzato sia l’ordine della serie usata nel sud-arabico. Ancora una volta, il sistema alfabetico consonantico appare in rapporto con la cultura egiziana.

Iscrizioni “Protocananaiche” o “Early Alphabetic”18I lavori sulle prime fasi e lo sviluppo della scrittura alfabetica sono innumerevoli. V. in particolare Diringer 1968; Driver 1976; Naveh 1982; Cross 2003; Sass 2005; Hamilton 2006 e 2014; Krebernik 2007; Goldwasser 2010 e 2012; Na’aman 2020.

L’alfabeto consonantico è dunque attestato con segni di tipo figurativo in Egitto e nel Sinai nel II millennio a.C. – forse già intorno al 1800 a.C. se non prima, verso il 1900 – da una serie d’iscrizioni che testimoniano una scrittura che usa segni in buona parte figurativi apparentemente non canonizzati in maniera fissa, né nella forma, né nella direzione. È possibile che sia già testimoniato un ordine stabile delle lettere nella tradizione hlh.m poco dopo il 1500 a.C. Tuttavia, fino al XIII secolo a.C., con l’eccezione del sistema cuneiforme di Ugarit, esempi d’iscrizioni in alfabeto lineare sono pochi e, a quanto finora accertato, privi di una tradizione canonizzata. Un gruppetto di documenti proveniente soprattutto dalla regione palestinese19V. specialmente lo studio particolareggiato di Finkelstein e Sass 2013., è attribuito in parte ancora al periodo del Bronzo Tardo e presenta segni sia pittografici sia schematizzati. Un’iscrizione rinvenuta a Lachish, dipinta sull’orlo di un recipiente di una ceramica nota, è attribuita (contesto del ritrovamento; analisi al 14C) al XV secolo a.C. (Höflmayer et al. 2021). Questi brevi testi, che non si possono collegare a una lingua o a un dialetto determinato all’interno del semitico e che nell’insieme non sono completamente interpretati, sono chiamati tradizionalmente “protocananaici”, distinti in una fase più antica, con segni ancora di tipo figurativo, e in una fase più recente, con segni sempre più schematizzati, che ha ricevuto il nome di “cananico antico”. I testi sono convenzionalmente chiamati “lineari” per distinguerli dai documenti con segni di tipo cuneiforme. Il nome di “protocananaico” per quanto tuttora usato da alcuni ricercatori (B. Sass e I. Finkelstein, e qui) tende a essere sostituito, come già notato, da “Early-Alphabetic”, distinto da Hamilton in diverse fasi, chiamate A, B, C20V. Hamilton 2014, con distinzione tra “Early Alphabetic A” (ca. 1900-1400 a.C.), “Early Alphabetic B” (ca. 1400-950 a.C.), “Early Alphabetic C” (ca.1050-dopo il 900 B.C.). Lo schema appare un po’ troppo rigido.. Nell’interpretazione normalmente accettata, queste brevi iscrizioni costituirebbero gli anelli di congiunzione tra un tipo di scrittura figurativa (Wadi el-Hol, protosinaitico) e le scritture alfabetiche del I millennio a.C. legate a determinate entità statali o scuole di scribi.

Nella teoria canonica, i cui principali sostenitori sono F.M. Cross e J. Naveh, presentata in maniera chiara nel 2020 da C. Rollston, l’alfabeto consonantico, nato intorno al 1900-1800 a.C. in contatto con la scrittura egiziana, con segni di aspetto figurativo, si sarebbe man mano schematizzato fino ad assumere la forma astratta dei segni tipica del I millennio a.C. Tale processo è rappresentato, secondo questa ricostruzione, da una serie di documenti scaglionati tra il XVII e il X secolo a.C., appunto le iscrizioni “protocananaiche” e “cananaiche antiche”; i documenti principali sono un ostrakon e un coccio da Beth Shemesh, un coccio iscritto e dei graffiti da Gezer, un ostrakon da Izbeth Sartah (con la serie alfabetica di 22 segni) (Fig. 14), un orlo di pithos dall’Ophel di Gerusalemme; da Lachish: una lama di una spada, una coppa e una brocca iscritte, una coppa da Qubur el-Walaydah, due documenti da Qeyafa, un’ansa da Raddana, una stele frammentaria da Sichem. L’iscrizione più antica sarebbe quella incisa sulla spada da Lachish (attribuita al Bronzo Medio), mentre un anello da Megiddo apparterrebbe a un periodo tra Bronzo Medio e Tardo.

Fig. 14. Ostrakon da ‘Izbet Sartah (ca. XI secolo a.C.) (Bagnasco Gianni, Cordano 1999, p. 48, Fig. 12).

La canonizzazione dei segni è attribuita ai Fenici, insieme alla riduzione delle lettere alle 22 canoniche, che corrispondono ai fonemi del fenicio, e alla stabilizzazione della direzione della scrittura da destra a sinistra; la canonizzazione dei segni sarebbe avvenuta tra l’XI e il X secolo a.C. (documenti da Biblo, in particolare due brevi iscrizioni su oggetti di argilla detti “coni” per la loro forma e una spatola in bronzo, fatti risalire all’XI secolo)21KAI 3. Iscrizioni su punte di freccia sono considerate un po’ anteriori e poste tra il XII e l’XI secolo a.C. Provenendo quasi tutte dal mercato antiquario, la loro datazione si fonda sull’analisi della forma dei segni. V. Sass 2010.. Successivamente sono poste le iscrizioni di una serie di re di Biblo, la più antica delle quali, quella di Ahiram è generalmente attribuita al 1000 a.C. circa. Ai Fenici si deve la diffusione della loro scrittura nei territori circostanti; dalla scrittura fenicia deriverebbero le varietà locali, la filistea, l’ebraica, l’aramaica e le scritture degli stati posti nell’attuale territorio giordano (Ammon, Moab, Edom)22Esposizione particolarmente chiara di questa ricostruzione già da parte di Naveh 1982, pp. 23-42..

Una ricostruzione alternativa è presentata da Benjamin Sass insieme con Israel Finkelstein; i due studiosi accettano lo sviluppo della scrittura da forme pittografiche a una schematizzazione dei segni, con la riduzione del loro numero, ma disegnano un percorso diverso, abbassandone inoltre la cronologia. Per raggiungere le loro conclusioni i due studiosi hanno eseguito un minuzioso e importante esame dei documenti protocananaici e cananaici, analizzandone accuratamente, per quanto possibile, i contesti archeologici di ritrovamento. Successivi studi e ritrovamenti li hanno poi portati a una ricostruzione d’insieme più articolata (Finkelstein, Sass 2013; Finkelstein, Sass 2021 [2022], con bibliografia). Da queste analisi risulta il seguente quadro: le iscrizioni più antiche, attribuite, seguendo la cronologia da loro adottata, al Bronzo Tardo II e III (XIII-XII secolo a.C.) provengono da Lachish, Qubur el-Walaidah e Nagila. Dopo un vuoto nel periodo del Ferro I (tardo XII-XI secolo a.C.), da circa il 900 a.C., compaiono documenti con una scrittura più sviluppata e di tendenza corsiva ben rappresentata da frammenti dell’insediamento di Tell Rehov (iscrizioni 1-3), da una coppa metallica da Kefar Veradim, in Galilea, da un breve testo di Biblo (“cono A”) e dall’orlo di pithos dall’Ophel. Intorno al 900 a.C. (Ferro II) si nota una particolare concentrazione di iscrizioni negli insediamenti di Gath e Tel Rehov. Si susseguono poi alcuni altri documenti provenienti da Biblo (il “cono B”, un frammento ceramico e una spatola in bronzo iscritta)23Questo insieme è trattato qui di seguito come fenicio.. Per ragioni paleografiche sono attribuite a questo periodo numerose punte di freccia in bronzo iscritte che sono per la maggior parte senza contesto.

In conclusione, Finkelstein e Sass – quest’ultimo tornato più volte sull’argomento (v. in particolare Sass 2017) – pongono la formazione dell’alfabeto lineare di 22 lettere nella regione della Shephelah, in particolare nei centri di Lachish e poi di Gath, dove l’inventario fonologico si sarebbe ridotto; da qui si sarebbe diffuso assumendo un tracciato corsivo (che si manifesta in seguito nelle iscrizioni monumentali della fine del IX secolo a.C.) senza variazioni regionali evidenti. Questa variante comune corsiva meridionale avrebbe dato origine, con successive differenziazioni locali, alle scritture regionali, ebraica, aramaica e fenicia. È dunque rifiutata l’adozione dell’alfabeto nei vari stati dell’età del Ferro a partire dai Fenici, la cui esistenza stessa, almeno come gruppo coeso è messa in dubbio. Questa tesi – oltre che sulla revisione della cronologia generale e della distribuzione delle iscrizioni – si basa in particolare sull’abbassamento radicale della data delle iscrizioni dei re di Biblo, attribuite, invece che alla fine dell’XI-X secolo a.C. secondo l’opinione prevalente, al periodo 850-750 a.C., una datazione bassa che è stata peraltro respinta da più di uno studioso (in particolare Lemaire 2006 [2009]; ultimamente Na’aman 2020). Si osserva, d’altra parte, che l’alfabeto di 22 segni si mostra ben adeguato ad esprimere i suoni della lingua fenicia (l’aramaico e l’ebraico hanno fonemi in più); inoltre, un inventario di suoni ridotto è già attestato nel Bronzo Tardo nella regione dell’odierno Libano e in Siria meridionale dai documenti redatti nel così detto alfabeto breve di Ugarit, considerati già fenici da J. Tropper (v. supra). Non siamo invece in grado di ricostituire la fonologia del semitico adottato nell’area della Shephelah.

Una posizione più sfumata rispetto alla ricostruzione di uno sviluppo univoco della scrittura dal protocananaico alla schematizzazione che caratterizza l’alfabeto dalla seconda fase dell’Età del Ferro è stata avanzata da alcuni analisti: la diversità nella forma e direzione dei segni che presentano fra di loro le iscrizioni protocananaiche e cananaiche tarde non dipende solo, secondo questi studiosi, da differenze cronologiche e non riflette uno sviluppo del tutto lineare, anche se una tendenza verso lo schematismo dei simboli nel corso del tempo è certamente riscontrabile (da ultimi Millard 2012; Na’aman 2020, p. 44, con riferimenti bibliografici). Una pluralità di centri di scrittura, indicata anche dall’esistenza di due tradizioni nell’ordine della serie alfabetica, è supposta specialmente da A.R. Millard (2012), che presume, inoltre, che fin dai primi esempi della scrittura consonantica esistessero iscrizioni tracciate su materiale deperibile (papiro, legno, tavolette cerate), andate perdute; questi documenti avrebbero potuto testimoniare un tipo di alfabeto canonizzato e di tipo corsivo contemporaneo almeno alle iscrizioni del Bronzo Tardo / inizi del Ferro, diffuso da un centro principale, forse fenicio (Millard 2007). Il nuovo frammento da Lachish citato sopra, attribuito agli inizi del Bronzo Tardo, nel XV secolo a.C.24Sia in base ai dati stratigrafici del ritrovamento sia ad analisi al 14C; v. Höflmayer et al. 2021., presenta segni che non concordano del tutto con quanto noto per il protocananaico, mostrando ancora una volta la presenza in questo periodo una varietà di tradizioni. Un pettine in avorio di elefante, scoperto a Lachish nel 2016, mostra un’iscrizione di 17 segni, datata al Bronzo Medio per ragioni paleografiche, interpretata come una frase intesa a scacciare i pidocchi; si tratterebbe così di un importante anello di congiunzione tra la tradizione del Sinai e quella successiva, attestata dai documenti palestinesi (Vainstub et al. 2021-2022). Una schematizzazione “sovraregionale” della scrittura prodotta da un unico centro o scuola di scribi, con la riduzione dell’alfabeto a 22 segni, diffusa nelle regioni circostanti da un insediamento principale è del tutto verosimile; ma sono incerti il periodo e il centro di irradiazione. La scarsità di documenti del Bronzo Tardo e l’eterogeneità delle attestazioni tra questo periodo e il Ferro II A lasciano il campo a più di un’ipotesi, ma la coincidenza tra l’alfabeto di 22 segni con la fonologia del fenicio (già attestata dalle iscrizioni in alfabeto breve da Ugarit), fanno preferire l’ipotesi che la diffusione del sistema nel I millennio a.C. sia avvenuta da questa regione.

L’alfabeto in Siria del nord e in Mesopotamia? I casi di Umm el-Marra e del Paese del Mare

Indizi dell’esistenza precoce di una scrittura alfabetica, legata alla tradizione di Wadi el-Hol e del protosinatico, e quindi del protocananaico, sono stati ravvisati in due serie di documenti tra di loro distanti nel tempo e nello spazio. Un esempio, attribuito a ca. il 1500 a.C. è stato individuato in documenti della Babilonia meridionale; una possibile testimonianza, più antica, fatta risalire a circa il 2300 a.C., è stata poi identificata in incisioni su sigilli rinvenuti a Umm el-Marra nella Siria nord-occidentale.

Sigilli di Umm el-Marra25Schwartz 2021.

Il tell di Umm el-Marra si trova nella piana del Jabbul ed è stato scavato dal 1994 al 2010 da una missione della John Hopkins University e dell’Università di Amsterdam dirette da Glenn M. Schwartz e Hans Curvers. Nella tomba 4, in un periodo che varie indicazioni (scavo e analisi 14C) attribuiscono al XXIV secolo a.C., sono stati trovati 4 sigilli frammentari in argilla con simboli incisi che sono stati interpretati come segni alfabetici. Questi segni, diversi dai frequenti marchi su vasi ceramici, sono analizzati come elementi di una scrittura presumibilmente alfabetica (due esemplari presentano quasi certamente la stessa sequenza di 4 segni; i segni diversi sono in tutto soltanto 8). I simboli incisi non trovano in realtà nessun paragone preciso negli alfabeti consonantici noti, ma riecheggiano, secondo G.M. Schwartz, alcuni segni della scrittura protosinaitica e di quella pseudo-geroglifica di Biblo. I sigilli, forati nel senso della lunghezza, sono interpretati come possibili etichette che potevano contenere o il nome di una merce o di un personaggio, proprietario o destinatario di essa. A un tentativo di lettura, non corrisponde però alcun significato evidente. Il problema dell’ispirazione della scrittura, che l’editore presume essere usata localmente, rimane dubbio, anche se sono segnalati rapporti con Biblo – attestati in questo periodo in Siria, in particolare a Ebla26Biga 2021 ipotizza che a Ebla, oltre che in cuneiforme, si potesse eventualmente scrivere anche in questo tipo di scrittura. Non vi è però alcun indizio certo in questo senso. – le cui relazioni con l’Egitto già in questo periodo sono ben note.

Tavolette del paese del Mare27Colonna d’Istria 2012; Hamidovic´ 2014.

Nella Babilonia meridionale, circa ottocento anni più tardi, brevi documenti graffiti su quattro tavolette sono attribuiti alla fine della Prima Dinastia del Paese del Mare. Questo territorio è quello di un regno, durato circa 300 anni (tra la fine del XVIII e il XV secolo a.C.) che era noto in maniera incompleta da testi cuneiformi e che solo da pochi decenni è stato identificato grazie a numerose tavolette che costituiscono veri e propri archivi per lo più di provenienza illegale28Boivin 2018. Si tratta di una regione paludosa all’estremo sud dell’odierno Iraq, citata in fonti cuneiformi; v. anche Brinkman 1993-1997.. Le 4 tavolette con segni interpretati come alfabetici fanno parte di un archivio pubblicato da S. Dalley (2009, nn. 64, 134, 149, 435). La lettura e una parziale interpretazione dei graffiti, incisi sui margini delle tavolette – come fossero etichette riassuntive in qualche modo in rapporto con il contenuto più ampio dei testi cuneiformi, che sono di genere amministrativo/contabile – è stata tentata da D. Hamidovic´ (2014) e, in precedenza, per due iscrizioni, da L. Colonna d’Istria (2012)29Riguardo all’insieme della storia dell’alfabeto v. Koller 2020, che accetta senza esitazione la data e la classificazione delle iscrizioni sulle tavolette in questione.. Sembra possibile la lettura sulla tavoletta 149 del nome proprio Ali-dīn-ili che ricorre nel testo cuneiforme e in altri documenti dell’archivio. I segni, considerati protocananaici, sono in realtà quasi del tutto schematizzati secondo la tipologia lineare della seconda Età del Ferro: Colonna d’Istria e Hamidovic´ confrontano i segni con quelli delle punte di freccia attribuite al 1200-1100 a.C., dell’alfabeto di Tell Zayit, posto nel X secolo a.C. e dell’ostrakon di Khirbet Qeyafa (attribuito all’XI secolo a.C.). I graffiti, presenti in una zona tanto distante dalla presunta regione di origine dell’alfabeto consonantico – che si tratti dell’Egitto o di un centro del Levante – sono spiegati in via d’ipotesi con ragioni di commercio; sembrano dunque indicare che questo tipo di scrittura era già diffuso intorno al 1500 a.C. in una forma notevolmente canonizzata, anche se tracciata qui da una mano non esperta. Non si legano, come è evidente, a questi possibili esempi le presunte attestazioni dei sigilli di Umm el-Marra, così lontane nel tempo, nello spazio e nella forma dei segni, né sono chiari gli eventuali centri di diffusione anche per quanto riguarda le tavolette sud-mesopotamiche; tantomeno i rapporti che dovevano intercorrere tra gli insediamenti che usavano questo tipo di scrittura. Queste testimonianze danno però indizi per ricostruire una storia dell’alfabeto consonantico più lunga, meno univoca e con una diffusione più ampia di quanto si potesse supporre.