CAPITOLO 5

LA DISTANZA DELLE STELLE

After so many unsuccessful attempts to determine the parallax of a fixed star,
I thought it worth while to try what might be accomplished by means

of the accuracy which my great Fraunhofer Heliometer gives to the observations.

_ . _

In seguito agli innumerevoli tentativi falliti di misurare la parallasse delle stelle fisse,
ho pensato che sarebbe valsa la pena di avvalermi della grande accuratezza
dell’eliometro che Fraunhofer aveva appositamente realizzato per me.

(Friedrich Wilhelm Bessel, On the parallax of 61 Cygni A,
Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, 1838)

PAROLE CHIAVE
Parallasse / Spettroscopio / Astrofisica

La misura che Wilhelm Herschel non era riuscito a effettuare, nel corso della sua lunga vita, dedicata per gran parte all’astronomia, sarebbe stata realizzata, 15 anni dopo la sua scomparsa, da un astronomo tedesco che, per ironia della sorte, avrebbe portato il suo stesso nome, Friedrich Wilhelm Bessel.
Questi era divenuto, a soli 26 anni, direttore dell’Osservatorio Astronomico di Königsberg, cittadina nota per aver dato, quasi 90 anni prima, i natali al filosofo Immanuel Kant e per essere stata, a partire dal 1544, sede di un’importante università, che doveva il proprio appellativo, “Albertina”, al suo fondatore, Alberto di Prussia, lo stesso che, alcuni anni dopo aver istituito l’università, avrebbe finanziato anche la realizzazione delle tavole astronomiche, basate sul sistema copernicano, a opera di Erasmus Reinhold, rettore dell’Università di Wittenberg.

Era stato sempre Alberto ad aver fondato, circa 20 anni prima di istituire l’università, il Ducato di Prussia, di cui aveva scelto Königsberg come capitale e, curiosamente, uno dei primi docenti chiamati a insegnare nell’Università Albertina sarebbe stato proprio Andreas Osiander, l’autore della prefazione anonima del De revolutionibus orbium coelestium.
Dopo una serie di alterne vicende, iniziate quasi immediatamente dopo la fondazione del Ducato, che avevano visto lo stesso Alberto costretto a doversi autoproclamare vassallo della Polonia, il Ducato di Prussia era riuscito a riconquistare, nel 1660, la propria indipendenza e circa 40 anni dopo, nel 1701, aveva addirittura ottenuto lo status di Regno.

Era stato, pertanto, proprio il re di Prussia, Federico Guglielmo III, a nominare Bessel direttore del prestigioso Osservatorio Astronomico ed egli che, come Herschel, inseguiva il sogno di poter misurare la “parallasse” delle stelle, ossia lo spostamento mostrato per effetto della rivoluzione della Terra attorno al Sole, aveva deciso di acquistare uno strumento di prim’ordine da Joseph von Fraunhofer. Quest’ultimo era un giovane autodidatta di grandissimo talento che, per una serie di coincidenze che gli si erano rivelate favorevoli, era riuscito a divenire, in breve tempo, il direttore di un istituto, la cui sede si trovava in Baviera, che in pochi anni, proprio grazie alle straordinarie capacità di Fraunhofer, aveva strappato all’Inghilterra il primato della produzione industriale di strumenti ottici.

Nell’Istituto di Ottica di Utzschneider e Fraunhofer non si realizzavano, infatti, soltanto i telescopi rifrattori, ma ogni genere di strumenti, i cui elementi ottici di base erano le lenti, come, ad esempio, quelli utilizzati per le misure geodetiche e i microscopi. Fraunhofer, dal canto suo, era un direttore del tutto particolare, braccio oltre che mente, dell’Istituto che Utzschneider, di 24 anni più vecchio, aveva voluto fondare, dopo aver compreso, a ragione, che le grandi potenzialità del giovane Joseph gli avrebbero consentito di realizzare enormi profitti.

Dotato di un ingegno fuori dal comune e di una grandissima abilità pratica, Fraunhofer aveva costruito da solo una macchina per pulire le lenti e aveva anche escogitato un metodo innovativo per controllarne le regolarità, fattori determinanti per la formazione di immagini ben definite. I materiali con cui puliva e levigava le lenti, inoltre, non erano quelli utilizzati tradizionalmente, in quanto Joseph, a seguito di una lunga serie di esperimenti, ne aveva modificato in modo sostanziale la composizione, riuscendo così a migliorare in modo considerevole la qualità ottica dei prodotti finali di quella lunga lavorazione. Infine, incollando fra loro due diversi tipi di vetro, caratterizzati da indici di rifrazione1Dal Glossario: Indice di rifrazione (n) – È definito come n = c / v (dove c e v sono rispettivamente la velocità della luce nel vuoto e nel vetro). La v non è la stessa per i diversi “colori” che costituiscono la luce bianca e, di conseguenza, il valore di n, oltre a dipendere dal tipo di vetro, varia anche in funzione del colore. che si compensavano a vicenda, era riuscito a correggere quasi totalmente l’aberrazione cromatica.

I rifrattori di Fraunhofer erano stati acquistati da numerosi osservatori astronomici d’Europa, tra i quali anche quello russo di Dorpat (l’odierna Tartu in Estonia) che, il 10 novembre del 1824, aveva ricevuto 22 casse, contenenti i pezzi del telescopio che, con la sua lente di 29 cm di diametro, sarebbe divenuto il rifrattore più grande dell’epoca.
Tra le innumerevoli caratteristiche che rendevano Fraunhofer una persona fuori dal comune, era anche la capacità di redigere istruzioni per il montaggio talmente chiare ed esaurienti da rendere in grado chiunque ricevesse i suoi strumenti di mettere insieme tutti i pezzi in modo rapido e senza bisogno della sua presenza. Così era accaduto anche a Dorpat, il cui telescopio era riuscito a vedere la prima luce il 16 novembre del 1824, appena sei giorni dopo l’apertura delle 22 casse.

Lo strumento che Bessel, invece, aveva chiesto a Fraunhofer di realizzare non era un semplice rifrattore, ma un eliometro, dotato di una lente di 16 cm di diametro. Tradizionalmente, si era tentato di misurare il piccolo spostamento delle stelle, che avrebbe dovuto riflettere il moto orbitale della Terra, utilizzando dei telescopi dotati di un micrometro filare. Quest’ultimo non era altro che un sistema, costituito da due fili, uno fisso e l’altro mobile, posti davanti all’oculare, che permetteva di leggere su una scala graduata il valore corrispondente alla distanza angolare tra due stelle.

Tale valore sarebbe dovuto variare nel corso di un anno, poiché due stelle, che apparivano vicine sulla volta celeste, potevano, in realtà, essere a distanze molto diverse dall’osservatore e, in questo caso, la stella più prossima alla Terra avrebbe dovuto spostarsi, per effetto del moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole (Fig. 3) 2Fig. 3. Il moto annuale apparente nel cielo di due stelle (D e C) aventi diversa distanza dal Sole (A). La Terra (B) orbita attorno al Sole (A) e tale movimento si riflette nelle stelle in modo tanto più ampio (maggiore per C che per D) quanto più queste sono vicine al sistema Terra-Sole. Le stelle più lontane (E) appaiono, invece, ferme. L’angolo p, indicato nella figura corrisponde a metà dello spostamento angolare totale (mostrato dalle stelle D e C) e, in termini tecnici, è detto “parallasse annuale”. La figura non è in scala: l’angolo p in realtà è estremamente piccolo., in modo molto maggiore di quanto avrebbe fatto la stella più lontana e tale spostamento sarebbe risultato misurabile, proprio in rapporto alla posizione di quest’ultima, che avrebbe dato l’impressione di essere “fissa”.

Così aveva operato anche Herschel, senza riuscire, tuttavia, a misurare alcuno spostamento significativo, sia perché il campione di stelle che aveva scelto non era quello più appropriato, sia perché la precisione che aveva potuto ottenere col micrometro filare, che aveva costruito appositamente per quello scopo, era risultata piuttosto scarsa e gli avrebbe consentito di misurare soltanto spostamenti molto superiori a quelli effettivamente mostrati dalle stelle.

Con l’eliometro, invece, la precisione sarebbe aumentata in modo notevole. Lo strumento, come suggerito dallo stesso nome, era stato pensato originariamente per effettuare misure sul Sole. In particolare, era stato Pierre Bouguer, astronomo, matematico e geofisico francese, a ideare e realizzare, nel 1748, il primo eliometro proprio con l’intenzione di misurare il diametro della “nostra stella”. L’eliometro costruito da Bouguer era, sostanzialmente, un telescopio, costituito da due lenti distinte che fungevano da obiettivi, opportunamente schermate e collocate all’interno di uno stesso tubo. La lente che svolgeva la funzione di oculare, invece, era soltanto una, cosicché, guardando attraverso di essa, si sarebbero viste normalmente due immagini distinte del Sole. I due obiettivi, tuttavia, erano mobili e potevano essere avvicinati o allontanati, producendo, di conseguenza, un avvicinamento o un allontanamento delle immagini. Quando, regolando lo spostamento relativo dei due obiettivi, si fossero ottenute due immagini del Sole a contatto, la distanza fra gli obiettivi, che si sarebbe potuta leggere su una scala graduata, avrebbe fornito la misura del diametro angolare del Sole.

La descrizione dell’eliometro di Bouguer proviene dalla Histoire de l’astronomie moderne, pubblicata nel 1782 da Jean Sylvain Bailly che, oltre a essere astronomo e letterato, fu, dal luglio del 1789 al novembre del 1791, il primo sindaco di Parigi. Nel libro, Bailly indica come possibile uso alternativo per tale strumento quello di misurare le distanze delle stelle. Non è dato sapere se si trattasse di un’idea originale di Bailly, la cui sorte non fu delle migliori (in quanto, dopo essere stato costretto a dimettersi dall’incarico di sindaco, perché considerato troppo moderato, fu condannato a morte e ghigliottinato nel novembre del 1793), o dello stesso Bouguer, ma quello che è certo è che Fraunhofer realizzò per Bessel un eliometro di concezione assolutamente innovativa.

I due obiettivi dell’eliometro ideato da Fraunhofer non erano più costituiti da lenti distinte, ma da un’unica lente, tagliata esattamente a metà. In questo modo, quando le due mezze lenti erano a contatto, producevano un’immagine singola, mentre se venivano allontanate l’una dall’altra, facendole scorrere nella direzione del taglio, producevano immagini doppie di tutti gli oggetti che si trovavano entro il campo visivo, le cui mutue distanze aumentavano al crescere dell’allontanamento delle due mezze lenti. Nel caso in cui all’interno del campo visivo si fosse trovata una coppia di stelle, sarebbe stato possibile far coincidere le immagini delle due stelle, dapprima ruotando il campo, fino ad allineare le stelle col taglio tra le due semilenti e poi spostando queste ultime con un movimento regolato da una vite micrometrica ad altissima precisione, che avrebbe permesso di ottenere una misura estremamente accurata della distanza tra le due stelle.
Soltanto un ottico della portata di Fraunhofer avrebbe potuto ideare e realizzare uno strumento di quel genere, che richiedeva, tra le altre cose, un’abilità non comune nel taglio delle lenti, qualità che di certo non gli mancava.

Bessel aveva già un buon candidato per la misura della parallasse, 61 Cygni A, ovvero la sessantunesima stella, per ordine decrescente della luminosità, della costellazione del Cigno, parte di un sistema che a occhio nudo appare come una stella singola, ma al telescopio è distinguibile in due componenti, la A e la B, dove la prima è un po’ più luminosa della seconda.
La ragione per cui Bessel aveva scelto 61 Cygni A era nel suo elevatissimo moto proprio, pari a 5” all’anno. Questo movimento, che avviene lungo il piano tangente la sfera celeste, ossia in direzione perpendicolare alla nostra linea di vista, era stato evidenziato, nel 1804, da Giuseppe Piazzi, l’astronomo italiano che, oltre a essere stato direttore degli osservatori di Napoli e di Palermo, era noto per aver scoperto il 1° gennaio del 1801 Cerere,3A seguito della ridefinizione delle caratteristiche distintive dei corpi del Sistema Solare, operata dell’IAU (International Astronomical Union) il 24 agosto del 2006, Cerere è stato classificato come un “pianeta nano” (categoria in cui è stato contestualmente declassato Plutone). l’asteroide più massiccio, situato nella fascia compresa tra le orbite di Marte e di Giove.

All’epoca, non esisteva alcuna spiegazione per l’elevato moto proprio di 61 Cygni A, ma Bessel pensò, correttamente, che se la “stella fuggitiva”, così come l’aveva soprannominata proprio il Piazzi, si muoveva attraverso il cielo con una tale rapidità, questo implicava che doveva essere abbastanza vicina alla Terra da rendere possibile la misura della sua parallasse.

Lo spostamento angolare delle stelle che, se misurato lungo l’arco di un intero anno, prende il nome di “moto proprio”, dipende dal fatto che esse, lungi dall’essere fisse, sono dotate di un movimento, necessario per la loro sopravvivenza. Le stelle appartengono, infatti, a un sistema (la galassia) di corpi tenuti insieme dalla forza di gravità e se non si muovessero, analogamente a come fanno i pianeti che orbitano attorno al Sole, precipiterebbero verso il centro della galassia. Il moto proprio è misurato lungo la volta celeste, ovvero in direzione perpendicolare alla linea di vista, e risulta pertanto pari a zero per una stella che si muova esattamente lungo quest’ultima direzione.