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6.2. Formarsi delle credenze nella post-indagine

Consideriamo ora l’effetto dei filtri sulla norma per la formazione della credenza N2. Per prima cosa, ricordiamo come l’abbiamo formulata:

Norma per la formazione della credenza (N2): a un soggetto è epistemicamente richiesto di formarsi la credenza che p se, e soltanto se, acquisisce una prova per {p} e tale prova, al momento della formazione, non è compromessa da controprove.

Se introduciamo un ambito di azione della norma relativamente a un filtro epistemico, dobbiamo riformulare N2 come segue:

Norma per la formazione della credenza* (N2*): a un soggetto è epistemicamente richiesto di formarsi la credenza che p se, e soltanto se, all’interno dell’ambito filtrato dal filtro epistemico acquisisce una prova per {p} e tale prova, al momento della formazione, non è compromessa da controprove.

Per illustrare gli effetti dei filtri epistemici su N2 useremo una figura analoga a quella precedente (Fig. 5).

La cornice esterna contiene tutte le proposizioni che possono fungere da prove per una credenza1CREDENZA (O GIUDIZIO) – Quello stato mentale volto a rappresentare la realtà e il cui contenuto consiste in una proposizione che viene presa come vera., ovvero l’ambito di azione più ampio di N2 relativamente all’indagine sulla forma della Terra. Gli insiemi interni sono il risultato dell’applicazione di un filtro epistemico, ovvero di una funzione di selezione delle possibili prove per credere proposizioni pertinenti all’indagine sulla forma della Terra. Il filtro epistemico sarà espresso da una proposizione filtrante che escluderà o screditerà un insieme di possibili prove, per giustificare una credenza sulla forma della Terra. Questi filtri determinano di fatto ciò che conta come giustificazione2GIUSTIFICAZIONE – Una ragione a favore o contro la credenza in una proposizione. Il termine “giustificazione” ha un uso tecnico in epistemologia e, a seconda della teoria epistemologica che si adotta, può essere definito in maniera differente. In questo saggio usiamo il termine grosso modo per indicare l’avere ragioni a favore o contro la credenza in una certa proposizione (per un’introduzione alle diverse teorie sulla giustificazione si veda Volpe 2015). per l’indagine sulla forma della Terra, delimitando l’ambito di azione della norma per la formazione della credenza. In questo senso, analogamente alla norma di revisione, questi filtri cambiano l’assetto normativo dell’indagine3INDAGINE – Pratica del raccogliere, soppesare e valutare le prove a nostra disposizione in relazione alla domanda, o alle domande, di nostro interesse, al fine di formarci credenze vere e/o rivedere credenze false su di essa (cfr. Capitolo 3. Indagine)..

Fig. 5. Grafico relativo all’ambito d’azione della norma di formazione della credenza.

Come nel caso precedente, l’area esterna rappresenta l’area in cui nessuna proposizione può fungere da prova nella norma per la formazione della credenza. L’indagatore che abita quest’area si comporta come se non ci fosse alcuna giustificazione per formarsi una credenza sulla forma della Terra.

Abbiamo chiamato questo indagatore lo scettico poiché ha forti punti di somiglianza con la posizione filosofica dello scetticismo, secondo cui non possiamo avere alcuna giustificazione per credere una proposizione in un certo ambito di indagine.

Esaminiamo ora i vari insiemi interni alla cornice della Figura 5. Innanzitutto, consideriamo l’area più esterna, in cui abbiamo l’indagatore incauto.

Costui occupa uno spazio epistemico che possiamo pensare come l’insieme più ampio di prove ammissibili per la formazione delle credenze. In altre parole, l’indagatore incauto, a differenza degli altri indagatori rappresentati nella Figura 5, ha a disposizione la gamma più vasta possibile di prove per formare le proprie credenze. In questo senso, possiamo dire che l’indagatore incauto ha standard epistemici molto poco esigenti: tale indagatore si comporta un po’ come un credulone. Al contrario dell’indagatore cauto, che ammette proposizioni modali come controprove rendendo più difficile credere una proposizione, l’indagatore incauto accoglie tutte le proposizioni modali epistemiche della forma {potrebbe essere il caso che…} come prove ammissibili per credere una proposizione. La pratica di indagine dell’indagatore incauto è quindi tale per cui l’ambito della norma per formarsi le credenze N2 include tutte le possibilità epistemiche aperte al soggetto. Anche in questo caso possiamo considerare due tipologie diverse di indagatori incauti: quello sconsiderato e quello illuso. Analogamente all’indagatore cauto cartesiano, l’indagatore incauto sconsiderato considera possibilità epistemiche che rappresentano situazioni globali (chiamiamole scenari ottimisti globali) come prove per credere una proposizione: ad esempio, {la mia percezione potrebbe essere sempre affidabile} può fungere da prova per credere proposizioni empiriche basate sulla percezione come {la distanza angolare rilevata tra la pianura e la cima della montagna è di 25 gradi}. Se infatti fosse vero che i miei sensi sono affidabili, allora varrebbe la pena dare valore alle misurazioni che eseguo. La sconsideratezza di questo indagatore consiste proprio nel fatto che tale possibilità è per lui sufficiente per credere qualsiasi proposizione empirica, basata su una percezione indipendentemente dalla provenienza epistemica della prova percettiva. Ogni volta che l’indagatore incauto non ha le risorse per confutare una tale possibilità epistemica, viene innescata N2 che lo obbliga a credere proposizioni formate su base percettiva, quindi a credere sempre a tutto quello che è suggerito dalla percezione riguardo a questioni relative all’indagine. Ogni ipotesi basata su prove di carattere modale può quindi essere neutralizzata solamente esibendo controprove certe che escludono quella possibilità. Ad esempio, per l’indagatore incauto sconsiderato serve la certezza che i propri sensi siano talvolta inaffidabili per non formarsi credenze su proposizioni empiriche. Nel caso che abbiamo scelto, dato che l’oggetto dell’indagine è la forma della Terra, l’ambito della norma per formarsi le credenze, operativo per l’indagatore incauto sconsiderato, impone, in assenza di certezze sull’inaffidabilità dei nostri metodi di indagine, di far propria ogni credenza basata sulla percezione relativa alla forma della Terra. Se estendiamo la tematica a ogni possibile oggetto di indagine, allora l’esito, in assenza di certezze che escludano gli scenari ottimisti globali, è quello della credulità globale.

Come nel caso di N1, possiamo introdurre una seconda tipologia di indagatore che abita questa regione esterna: l’indagatore incauto illuso. A differenza del primo tipo di indagatore, per quello illuso sono le proposizioni modali, che rappresentano scenari meno estremi, a giocare il ruolo epistemico utile a fare credere proposizioni empiriche sulla base di una giustificazione percettiva di ogni sorta. A differenza degli scenari ottimisti globali, questi scenari meno estremi non escludono che un’altra controprova percettiva, per così dire “locale”, possa compromettere la prova di carattere modale. Tornando all’esempio precedente, se faccio una misurazione per giustificare la proposizione {la distanza angolare rilevata tra la pianura e la cima della montagna è di 25 gradi} ed è possibile che nell’ultimo minuto i miei sensi abbiano funzionato perfettamente, allora se fossi un indagatore incauto illuso riterrei di avere una giustificazione per formarmi la credenza sulla distanza angolare della montagna indipendentemente dalle condizioni in cui ho fatto la misurazione (ad esempio anche se avessi una forte miopia). Se però avessi fatto altre rilevazioni più di un minuto fa misurando che la distanza angolare tra la pianura e la cima della montagna non è di 25 gradi, verrebbe compromesso il carattere probatorio della proposizione modale {la mia vista potrebbe aver funzionato bene nell’ultima misurazione}.

Passiamo ora alla regione più interna rispetto a quella dell’indagatore incauto. Qui le proposizioni modali vengono filtrate e cessano di funzionare da prove ammissibili per la norma per formarsi le credenze. L’indagine sulla forma della Terra ammetterà allora, esattamente come con N1, prove empiriche come osservazioni dell’orizzonte o foto satellitari. Anche qui chiamiamo scienziato l’indagatore che abita questa regione, dal momento che il tipo di indagine da lui praticata si avvicina molto a quella della scienza normale.

Analogamente alla discussione relativa a N1, l’indagatore che ha però dei sospetti su alcune delle istituzioni che regolano la pratica dell’indagine dello scienziato si rifiuterà di accettare le prove prodotte da tali istituzioni.

Questa regione è quindi abitata dal complottista che filtra le prove prodotte dalle istituzioni ritenute inaffidabili: queste prove non saranno ritenute ammissibili per credere una proposizione durante lo svolgimento dell’indagine. Se poi il complottista scoprisse, attraverso controlli indipendenti da quell’istituzione – come avverrebbe, ad esempio, se reperissimo informazioni da un’istituzione diversa – che le prove prodotte dalle istituzioni incriminate sono affidabili, allora sarebbe razionale per lui ridurre o abbandonare la credenza nella teoria del complotto e iniziare ad accettare le proposizioni sulla base delle prove prodotte anche dalle istituzioni che prima aveva incriminato.

Infine, quando la teoria del complotto viene resa immune da ogni possibile prova contraria dal tipo di fonte su cui verte il filtro, allora il filtro epistemico produce una pratica immune a ogni modifica dell’ambito di N2.

Dato che per il terrapiattismo nessuna istituzione scientifica è affidabile, nessuna prova che provenga da un’istituzione scientifica sarà ammissibile per credere alcuna proposizione diversa da quelle ammesse nella camera dell’eco sulla forma della Terra.

A conclusione della nostra discussione sulla norma della formazione della credenza N2, possiamo dire che, per essa, i filtri sono una funzione di selezione per le prove ammissibili ai fini di credere una proposizione nell’ambito dell’indagine4INDAGINE – Pratica del raccogliere, soppesare e valutare le prove a nostra disposizione in relazione alla domanda, o alle domande, di nostro interesse, al fine di formarci credenze vere e/o rivedere credenze false su di essa (cfr. Capitolo 3. Indagine).. Ogni filtro determina la struttura normativa di un’indagine, modificando l’ambito della norma per formarsi le credenze ed escludendo tutte le prove che sono incompatibili con la proposizione filtrante. Esempi di proposizioni che possono esprimere un filtro sono {il mondo esterno esiste} che esclude possibilità epistemiche relative a scenari scettici come prove e controprove, {la possibilità non è sufficiente per la formazione della credenza} che invece esclude che una qualsiasi possibilità epistemica possa fungere da prova, o, infine, {c’è una cospirazione nelle istituzioni scientifiche} che esclude tutte le prove e controprove provenienti da istituzioni scientifiche.

Per riassumere brevemente alcuni punti chiave di questo capitolo in relazione alla post-verità, è importante sottolineare che la post-indagine si configura come una pratica in cui le norme, in essa operative per la revisione e la formazione della credenza, sono deviate in un modo molto particolare rispetto al caso dell’indagine scientifica normale. Il filtro epistemico caratteristico della post-indagine, infatti, getta discredito su tutte le fonti epistemiche istituzionali e crea una camera dell’eco in cui il post-indagatore è epistemicamente isolato dalle ragioni e dalle critiche esterne alla sua nicchia cognitiva. Questa nicchia cognitiva dà luogo a una camera dell’eco specifica basata sull’assunzione di particolari teorie del complotto. Ovviamente, ci possono essere svariati altri tipi di camere dell’eco, non necessariamente basate su specifiche teorie del complotto, che sono caratteristiche di altre pratiche di indagine (come anche le pratiche di alcuni scienziati). Il punto che ci preme sottolineare è che, indipendentemente dalla natura e dall’eziologia specifiche attraverso cui una camera dell’eco si forma, il meccanismo epistemologico e normativo soggiacente può essere analizzato per mezzo del nostro modello di filtri epistemici.

A conclusione di questo capitolo, è opportuno esporre per sommi capi il funzionamento del nostro modello epistemico dell’indagine e delle sue deviazioni normative per mezzo dei filtri epistemici. Abbiamo visto che l’attivazione di filtri per una norma epistemica determina una deviazione normativa, ovvero un restringimento del campo di azione della norma che limita il numero di prove e controprove ammissibili. Per la norma della revisione N1 questa deviazione genera diversi standard epistemici a seconda del filtro: (i) lo standard esigente (indagatore cartesiano e cauto) che ammette un’ampia gamma di controprove ammissibili per abbandonare le proprie credenze; (ii) lo standard medio (quello dello scienziato) che limita le controprove a quelle non-modali; e infine, (iii) lo standard transigente (complottista e post-indagatore) che esclude le controprove prodotte da certi tipi di istituzioni epistemiche.

I filtri epistemici operano in modo analogo sulla norma per formarsi le credenze N2, determinando diversi standard epistemici: (i) abbiamo uno standard lasco (indagatore incauto) se l’insieme delle prove ammissibili per formarsi le credenze è molto ampio; (ii) abbiamo uno standard medio (scienziato) se l’insieme delle prove ammissibili esclude le proposizioni modali; infine, (iii) abbiamo uno standard restrittivo (complottista e post-indagatore) se le prove provenienti dalle istituzioni epistemiche non sono ammesse. La post-indagine si configura quindi come quella particolare struttura normativa in cui gli standard per la revisione sono transigenti, dal momento che molte controprove sono escluse dal filtro epistemico, e in cui, al contempo, gli standard epistemici per la formazione della credenza sono restrittivi perché molte prove possibili sono escluse dal filtro. Filtrare le controprove rende la post-indagine un tipo di indagine poco critica e molto settaria, mentre escludere le prove provenienti dalle istituzioni scientifiche rende difficile praticare questa indagine utilizzando prove di buona qualità.