CONCLUSIONI

L’anabasi verso la post-indagine

In questo libro, dopo aver introdotto i concetti di verità, indagine1INDAGINE – Pratica del raccogliere, soppesare e valutare le prove a nostra disposizione in relazione alla domanda, o alle domande, di nostro interesse, al fine di formarci credenze vere e/o rivedere credenze false su di essa (cfr. Capitolo 3. Indagine). e post-verità, abbiamo sviluppato tre modelli teorici che ci offrono un’analisi filosofica di alcuni aspetti chiave del fenomeno post-verità. La natura teorica di questi modelli comporta un certo numero di idealizzazioni. Come è stato fatto notare nei dibattiti di filosofia della scienza (si veda Kinzel, Kusch 2018, in particolare pp. 49-50), di solito i modelli scientifici operano alcune idealizzazioni che, da un lato, astraggono da alcuni aspetti del fenomeno studiato (ad esempio, considerando solo massa e forza gravitazionale per studiare la caduta di un oggetto) e, dall’altro, distorcono altri aspetti del fenomeno tramite assunzioni di cui si conosce la falsità (ad esempio assumendo che un piano non abbia attrito). Tali astrazioni e assunzioni generalmente comportano dei vantaggi, come quello di rendere il modello trattabile dal punto di vista computazionale. Nell’elaborare il nostro modello ci siamo serviti di idealizzazioni analoghe: da un lato abbiamo fatto alcune astrazioni isolando gli aspetti epistemici da quelli psicologici; dall’altro, abbiamo operato sulla base di alcune assunzioni che sono utili per la presentazione del modello (assumendo che un agente conduca un’indagine solo in base a prove e non ad altri fattori come la sua collocazione sociale, la sua formazione culturale o i suoi interessi economici). Eppure, crediamo che un’indagine più approfondita del fenomeno della post-verità richieda che alcune di queste astrazioni e assunzioni vengano sostituite da altre più complesse, in modo da consentire l’analisi di più fattori. Per fare ciò è necessario integrare il modello epistemologico qui presentato con nozioni provenienti da altre discipline come la psicologia, la sociologia e i media studies – per citarne alcune. Riteniamo che solo in questo modo si possa arrivare a modelli in grado di poter essere testati empiricamente. Questo approccio multidisciplinare è importante se si vogliono avanzare ipotesi che permettano una comprensione il più possibile completa dei fenomeni della post-verità (per un esempio di modello basato su un approccio multidisciplinare, volto a sviluppare un quadro rappresentazionale standard per le scienze applicate, si veda l’ontologia EMMO).

Al fine di illustrare quanto è stato detto, formuliamo qui un’ipotesi che, per essere effettivamente testata, richiede un’integrazione da parte delle discipline appena menzionate. Questa ipotesi ha a che fare con una dinamica che abbiamo ipotizzato possa avere luogo all’interno dello spazio normativo illustrato nelle nostre figure. L’idea ci è venuta dopo aver guardato diversi video su YouTube prodotti da terrapiattisti. Una cosa interessante che abbiamo notato in questi video è che i terrapiattisti vogliono convertire alla loro teoria i non iniziati, introducendo la questione del dubbio e la figura del pensatore critico. Molto spesso, infatti, la loro narrazione di come sono arrivati ad accettare il terrapiattismo prende la forma di un percorso conoscitivo iniziato con un dubbio, sorto ragionando sulla discrepanza tra l’apparenza dell’orizzonte – che appare sempre come una linea – e la tesi che la Terra abbia la forma geometrica di uno sferoide: se la Terra fosse veramente uno sferoide, si chiedono i sostenitori del terrapiattismo, non dovremmo vedere l’orizzonte curvo? Dopo aver posto dubbi di questo tipo, i terrapiattisti tendono a presentare la loro indagine come l’unica impresa conoscitiva condotta senza pregiudizi, con spirito genuinamente critico e quindi propriamente scientifico. Gli spettatori del video sono invitati anch’essi ad adottare questo spirito critico e a liberarsi quindi dei pregiudizi che hanno assorbito acriticamente, fidandosi della scienza ufficiale. Questa narrazione ha somiglianze interessanti con il modo in cui Descartes presenta il dubbio metodico nelle Meditazioni metafisiche. A questo punto ci siamo chiesti: com’è possibile conciliare questa retorica del dubbio e della liberazione dal pregiudizio con l’adesione a una pratica, di carattere settario, che per mezzo di filtri epistemici restrittivi dà luogo a camere dell’eco?

Nel tentare di fornire una risposta a questa domanda, facciamo riferimento a figure introdotte nel capitolo precedente per rappresentare la dinamica che porta un indagatore ad adottare una teoria negazionista – nel caso in questione la teoria terrapiattista. Consideriamo la Figura 4, relativa alla norma della revisione N1.

Quando l’indagatore, sedotto dalla retorica del dubbio radicale posto in essere dalla teoria terrapiattista, pone in questione l’effettiva correttezza della tesi circa la forma sferoide della Terra, sta, di fatto, cambiando l’impostazione normativa dell’indagine proponendo uno spostamento normativo che va dalla pratica dell’indagine dello scienziato a quella dell’indagatore cauto.

Invocare la possibilità che la teoria circa la forma sferoide della Terra sia sbagliata, infatti, intende essere una ragione sufficiente per sospendere il giudizio su quella teoria. Siamo quindi passati dallo standard epistemico dello scienziato, per cui contano solo controprove empiriche, a quello dell’indagatore cauto, per il quale contano anche le controprove espresse da proposizioni modali. Chiamiamo questo movimento all’interno della struttura normativa ascensione cartesiana. Una volta compiuta l’ascensione cartesiana, l’indagatore si libera delle credenze nelle teorie scientifiche ufficiali e viene catturato nella camera dell’eco tramite un movimento opposto – che chiamiamo cattura complottista – che lo colloca in un’area dove operano filtri epistemici più restrittivi. A questo punto vi sono due domande importanti da porsi (la prima pertinente all’epistemologia normativa, la seconda di pertinenza delle scienze sociali):

(1) Come possiamo valutare epistemicamente l’ascensione cartesiana e la cattura complottista?


(2) Come fa a essere persuasiva la retorica a favore dell’ascensione cartesiana e, allo stesso tempo, della successiva cattura complottista?

La domanda (1) pone due questioni: la prima, concernente l’ascensione cartesiana, ha a che fare con la questione se lo scetticismo cartesiano possa essere bloccato o meno. Nella letteratura filosofica abbondano le teorie anti-scettiche e crediamo che vi siano diverse teorie filosofiche capaci di spiegare perché l’ascesa cartesiana sia ingiustificata (si vedano i saggi raccolti in Calabi et al. 2015). La seconda questione, concernente la cattura complottista, richiede una valutazione epistemica della camera dell’eco caratteristica della post-indagine. Come abbiamo detto nel capitolo V queste tipologie di camere dell’eco sono resilienti alla critica perché l’estrema generalità delle ipotesi complottiste, su cui è basato il filtro epistemico2FILTRO EPISTEMICO – Modo di regolare l’indagine tale da escludere da essa alcune prove e controprove (cfr. Cap. 5, p. 2)., rendono il post-indagatore impermeabile a ogni indagine che metta in discussione le loro teorie negazioniste. In questo senso la cattura complottista è un movimento epistemicamente vizioso.

La domanda (2) richiede invece la mobilitazione di teorie che spieghino quali sono i meccanismi che spronano i terrapiattisti a sospendere le loro credenze sull’insieme di conoscenze scientifiche che è stato loro tramandato per mezzo dell’istruzione ricevuta, per poi prendere parte a una forma di indagine estremamente settaria. Spiegare questo fatto non è per nulla banale. Dopotutto, se ci dicessero “Guarda, tu finora hai pensato di chiamarti come ti hanno sempre detto, ma potrebbe essere che i tuoi documenti siano stati falsificati e che i tuoi presunti genitori ti abbiano in verità mentito finora. Se vuoi essere un pensatore critico devi sospendere il giudizio su quale sia il tuo nome reale e intraprendere un’indagine approfondita prima di avere un’opinione a riguardo”, ci sembrerebbe semplicemente ridicolo prendere in considerazione questo invito.

Un terrapiattista avveduto potrebbe replicare che il suo invito a convertirsi è profondamente diverso dall’esempio appena illustrato. Egli, infatti, non propone di sospendere il giudizio per motivi dichiaratamente bizzarri, ma sostiene di avere ragioni empiriche per farlo (ad esempio, l’osservazione della linea dell’orizzonte). Il percorso che il terrapiattista propone sembra perciò più complesso di quello illustrato con l’esempio sul proprio nome. Partendo dall’area dell’indagine dello scienziato, possiamo descrivere il percorso dell’indagatore che abbraccia la teoria terrapiattista per mezzo dei passaggi seguenti:

  1. si viene sollecitati a pensare con la propria testa perché potremmo sbagliarci circa ciò che si crede (qui si ha uno spostamento normativo: viene impostato un filtro epistemico che ammette prove modali e si entra nell’area d’indagine dell’indagatore cauto);
  2. viene invocato l’abbandono dei pregiudizi: il pensatore critico deve abbandonare quelle proposizioni della scienza che aveva in precedenza dogmaticamente giudicato ammissibili, ma che ora, secondo lo standard restrittivo per la formazione delle credenze basato sulla certezza, non lo sono più (all’interno dell’area dell’indagine dell’indagatore cauto, il filtro epistemico scarta tutte le prove che non hanno status di certezza);
  3. a questo punto l’indagatore abbandona la credenza che la Terra sia sferica e gli viene impartito il messaggio complottista: una mente critica scevra da pregiudizi realizza quanto fosse irragionevole credere alla teoria ufficiale propagandata per ingannare, senza tuttavia fornire motivi razionali per formarsi tale credenza (viene creato il filtro epistemico della teoria del complotto: l’indagatore si sposta nell’area della teoria del complotto);
  4. dato che la tesi della Terra sferica è accettata e divulgata da tutte le istituzioni epistemiche (centri di ricerca, università, scuole, agenzie spaziali), la teoria del complotto è rivolta a tutte le istituzioni (il filtro epistemico viene potenziato e l’indagatore viene collocato nella camera dell’eco);
  5. le uniche prove ammissibili (come la percezione dell’orizzonte) sono portate a sostegno della tesi terrapiattista (la norma per la formazione della credenza vigente nella camera dell’eco viene coadiuvata dalla percezione dell’orizzonte);
  6. vengono addotte controprove atte a rivedere la credenza della proposizione che la Terra ha una forma sferoide (ad esempio, la percezione dell’orizzonte che appare piatto offre una controprova, non compromessa da altre controprove scientifiche per via del filtro epistemico, che innesca la norma della revisione).

Tutti questi passaggi sono necessari affinché il terrapiattista porti il malcapitato indagatore a diventare un adepto. Se si rimanesse nell’area dell’indagine dello scienziato, la sola prova percettiva dell’orizzonte sarebbe surclassata da un’altra serie di fenomeni e spiegazioni, offerta dalla teoria scientifica ufficiale. Rimanendo nell’area dell’indagatore cauto non ci sarebbe invece lo spazio epistemico per costruire una teoria alternativa. Senza la teoria del complotto non si riuscirebbero a gettare le basi per costruire un filtro epistemico che, adeguatamente rafforzato, porti l’indagatore ad abitare l’area asfittica della post-indagine dove la fievole prova percettiva dell’orizzonte può giocare – in assenza delle controprove filtrate – il ruolo di “leone epistemico” per giustificare l’ipotesi terrapiattista. In assenza dell’effetto per così dire “disinfettante” delle controprove, la camera dell’eco si configura proprio come una coltura epistemica, dove viene controllata la moltiplicazione e guidato il rafforzamento di quelle credenze settarie e di quelle prassi di formazione delle credenze che danno luogo alla post-indagine. Le deviazioni normative tipiche della post-indagine creano delle condizioni estremamente specifiche, tali da permettere alle credenze di innestarsi nel circolo epistemico e fissarsi in maniera da risultare protette da critiche e falsificazioni. Quando poi la camera dell’eco basata su una teoria del complotto (volta a minare la credibilità di tutte le istituzioni scientifiche) si realizza anche tramite il terreno di coltura fornito dai social media, questi, per via della loro estrema potenza di diffusione, permettono di estendere in pochissimo tempo il circolo epistemico a un numero straordinario di persone. In questo senso, i social media fungono da catalizzatori per la formazione di queste colture epistemiche.

Per comprendere appieno il percorso che porta dall’indagine alla post-indagine occorre fornire una spiegazione del modo in cui si possa adottare lo standard dell’indagatore cauto (passaggio 1) e di come ci si possa improvvisamente convincere ad adottare una teoria del complotto e a estenderla a ogni istituzione epistemica (passaggi 3 e 4). Tuttavia, tale spiegazione, da cercare probabilmente per mezzo degli strumenti della psicologia sociale, della sociologia e dei media studies, esula dagli scopi di questo breve saggio e non può essere estrapolata dal modello qui elaborato. Tale modello si limita, infatti, a fornire una struttura normativa che permette di identificare un pattern composto dall’ascesa cartesiana e dalla cattura complottista, che potremmo complessivamente chiamare l’anabasi della post-indagine. Che l’indagine continui!