2. VERITÀ 

In questo capitolo introduciamo e analizziamo il concetto di verità. Questo concetto, che è al centro di molti dibattiti in filosofia, gioca un ruolo fondamentale nel modello di post-verità che forniamo nei capitoli successivi.

2.1. Come intendere “verità” in “post-verità”?

Consapevoli del fatto che il presente capitolo potrà risultare ostico e a tratti pedante a molti lettori, prima di intraprendere la nostra analisi filosofica vorremmo chiarire perché sia utile farsi un’idea di cosa siano verità e indagine1INDAGINE – Pratica del raccogliere, soppesare e valutare le prove a nostra disposizione in relazione alla domanda, o alle domande, di nostro interesse, al fine di formarci credenze vere e/o rivedere credenze false su di essa (cfr. Capitolo 3. Indagine). (che tratteremo nel prossimo capitolo) e di quale sia il loro ruolo nel contesto di una discussione sulla post-verità. Post-verità, nella sua accezione più ampia, ha a che fare primariamente con atteggiamenti e modi, più o meno viziosi, che si possono avere nei confronti della verità e dell’indagine, piuttosto che con la natura di queste. Perché, dunque, tediare chi legge con tecnicismi filosofici?

Quattro sono le ragioni principali di questo nostro excursus. In primo luogo, il termine “post-verità” viene solitamente utilizzato per mettere in luce un contrasto rispetto al concetto ordinario di verità. È quindi opportuno chiarire quale sia il concetto ordinario di verità ed equipaggiare chi legge con nozioni e strumenti concettuali elaborati nel dibattito filosofico con temporaneo sulla verità. In secondo luogo, per fornire una valutazione delle modalità e degli atteggiamenti verso verità e indagine che sono propri della post-verità occorre chiarire in che modo verità e indagine sono tra loro legate e, quindi, che tipo di deviazione queste subiscono nel contesto dei vari fenomeni connessi alla post-verità. In terzo luogo, i tre modelli che presenteremo per fornire un’analisi epistemologica della post-verità e delle sue varie sfaccettature si basano, anche se in misura differente, su questi concetti. In particolare, il terzo modello, che approfondiremo in relazione al negazionismo scientifico, non può essere compreso senza avere acquisito un minimo di dimestichezza con il ruolo che la verità gioca nei vari contesti d’indagine e il tipo di contrasto che vige tra verità e giustificazione2GIUSTIFICAZIONE – Una ragione a favore o contro la credenza in una proposizione. Il termine “giustificazione” ha un uso tecnico in epistemologia e, a seconda della teoria epistemologica che si adotta, può essere definito in maniera differente. In questo saggio usiamo il termine grosso modo per indicare l’avere ragioni a favore o contro la credenza in una certa proposizione (per un’introduzione alle diverse teorie sulla giustificazione si veda Volpe 2015).. Infine, farsi un’idea più chiara su che cosa sia la verità e quale ruolo abbia nell’indagine è molto importante per evitare di cadere in facili fraintendimenti e ridurre la questione, come si è detto sfaccettata, della post-verità a tesi filosofiche controverse quali il relativismo e il post-moderno.

2.2. Verità e portatori di verità

Così come per sapere cosa sia un colore bisogna sapere quali tipi di cose siano colorate (i numeri o le idee non lo sono, ad esempio), così, per rispondere alla domanda su cosa sia la verità, si deve innanzitutto stabilire cosa siano le cose alle quali attribuiamo verità o falsità (edifici e indumenti, per esempio, non lo sono). Più specificamente, spiegheremo quali siano le cose che diciamo essere vere, ovvero, in gergo tecnico, quali siano i portatori di verità.

Occorre innanzitutto distinguere tra credenza3CREDENZA (O GIUDIZIO) – Quello stato mentale volto a rappresentare la realtà e il cui contenuto consiste in una proposizione che viene presa come vera. (o, in modo equivalente per gli scopi di questo saggio, giudizio) e asserzione da un lato, e il loro contenuto dall’altro – ovvero, le proposizioni. Se, ad esempio, si asserisce o si crede che da due punti passi una e una sola retta, il contenuto espresso sia dall’asserzione che dalla credenza è lo stesso, ovvero la proposizione che da due punti passa una e una sola retta. Inoltre, il contenuto proposizionale è ciò che viene preservato quando si traduce da una lingua all’altra. Se Paola asserisce “la neve è bianca” e John asserisce “snow is white”, il contenuto espresso è il medesimo. Le proposizioni sono quindi i contenuti sia delle asserzioni che delle nostre credenze.

Credenze, giudizi e asserzioni sono ciò che tipicamente viene correlato a verità o falsità. Quando riteniamo vera una credenza, un giudizio o un’asserzione, lo facciamo perché riteniamo veri i loro contenuti. Tornando al nostro esempio, la credenza che da due punti passi una e una sola retta è vera perché il suo contenuto è vero. Allo stesso modo, possiamo parlare della verità dell’asserzione compiuta quando diciamo “da due punti passa una e una sola retta” perché la proposizione espressa da questa asserzione è vera. Assumendo che il contenuto di asserzioni e credenze sia una proposizione, la verità sia di credenze sia di asserzioni dipende in ultima istanza dalla verità delle proposizioni che sono i loro contenuti. In questo senso si dice, in gergo tecnico, che le proposizioni sono i portatori primari di verità, mentre credenze, giudizi e asserzioni possono essere dette vere o false solamente in un senso secondario.

Una volta chiarita la questione dei portatori di verità, affronteremo nel prossimo paragrafo la questione della natura della verità – ovvero in cosa consista l’essere vero – in relazione alle proposizioni. Torneremo poi a considerare i giudizi e le credenze quando affronteremo, nel capitolo 3 (p. 45), la questione del rapporto tra verità e indagine.

2.3. La proprietà della verità e la sua analisi

Quando gli scienziati si chiedevano cosa fosse il calore, volevano trovare una descrizione fisica del fenomeno osservabile legato al cambiamento termico degli stati di un materiale fisico. In questo senso, grazie allo sviluppo della termodinamica nel XIX secolo, si offrì una risposta alla domanda su quale fosse la natura del calore. Con lo stesso spirito, in filosofia si vuole sapere quale sia la natura della verità quando si pone la domanda: che cos’è la verità? In questo paragrafo spiegheremo perché l’indagine sulla verità debba essere formulata nei termini della natura della proprietà della verità.

Dopo aver distinto tra verità e portatori di verità, introduciamo ora il concetto di proprietà di verità. In filosofia si usa il termine “proprietà di verità” per riferirsi all’essere vero di una proposizione. Assumiamo qui che una proprietà sia ciò che viene designato dalle espressioni predicative, che, a differenza dei nomi (o termini singolari) come “il tavolo” o “Giovanni”, non possono fungere da soggetto in una frase. Un paio di esempi serviranno a introdurre il concetto filosofico di proprietà. La proprietà della rossezza è ciò che viene designato dall’espressione predicativa “è rosso”; chiedersi quale sia la natura della rossezza consiste quindi nel chiedersi in cosa consista la proprietà della rossezza – per illustrare, si potrebbe pensare che sia la proprietà di riflettere in un certo modo la luce, o la proprietà di emettere una certa frequenza d’onda. Allo stesso modo la proprietà della gentilezza è quella cosa cui si riferisce il predicato “è gentile” e chiedersi cosa sia la gentilezza consiste, quindi, nel chiedersi in cosa consista la proprietà della gentilezza – ad esempio, nell’avere una disposizione a comportarsi in un certo modo che risulta piacevole e gratificante nei confronti delle persone. Una volta chiarito il nostro uso del concetto di proprietà, possiamo procedere con l’indagine sulla natura della proprietà della verità – uno dei compiti fondamentali di una teoria della verità. La forma standard di una tale teoria è quella di fornire quelle condizioni necessarie e sufficienti che fanno sì che una proposizione abbia la proprietà dell’essere vera. Se usiamo “p” come segnaposto per una qualunque frase dichiarativa della lingua italiana, utilizziamo {p} per riferirci sinteticamente alla proposizione che p, espressa dalla frase “p”. La frase “Giovanni è gentile” esprime quindi la proposizione che Giovanni è gentile, che indichiamo con {Giovanni è gentile} . Detto questo, la forma standard di una teoria della verità è una definizione che ha la forma seguente:

(A) {p} è vera se e solo se (in virtù della circostanza che)…

L’espressione “se e solo se” (detta, in gergo tecnico, bicondizionale) è usata per introdurre le condizioni necessarie e sufficienti affinché una proposizione abbia la proprietà di verità, mentre i puntini a destra del bicondizionale esprimono le condizioni che esplicitano la natura della proprietà della verità. L’espressione “in virtù della circostanza che” segnala che il bicondizionale ha una direzione esplicativa: le condizioni che devono essere esplicitate nel lato destro spiegano perché una proposizione abbia la proprietà di verità. Nel prossimo paragrafo affronteremo alcune delle principali concezioni della verità che hanno dato luogo a diverse analisi della verità. Ognuna di queste concezioni ha fornito un’analisi diversa completando il lato destro di (A) – indicato con i puntini di sospensione – con condizioni differenti.

Continua a p. 2 – 2.4. La natura della verità

Continua a p. 3 – 2.5. Alcuni fraintendimenti frequenti sulla nozione di verità