3.1. Alcune cose da sapere sul mondo nanometrico

L’osservazione dei sistemi naturali rivela che le macchine molecolari non sono semplicemente versioni ridotte delle macchine macroscopiche. Infatti, ragionamenti nei quali si pretende di ridurre la dimensione degli oggetti fino alla scala nanometrica, senza considerare il corrispondente cambiamento delle proprietà e del comportamento della materia, porta a conclusioni totalmente errate (Jones 2004)1Jones, R. A. L. (2004) Soft machines: nanotechnology and life, Oxford: Oxford University Press..

Sebbene le leggi fisiche che regolano la materia siano sempre le stesse, le loro conseguenze pratiche dipendono dalla scala dimensionale di osservazione. Ad esempio, le macchine macroscopiche sono tipicamente costruite con materiali rigidi e il loro funzionamento può sfruttare differenze di temperatura con l’ambiente, come accade nelle macchine termiche quali i motori a combustione.

Per contro, le macchine molecolari sono costituite da parti “morbide” e flessibili e devono operare a temperatura costante (determinata dall’ambiente in cui si trovano), perché il calore fluisce molto rapidamente alla scala dei nanometri. Per via della minuscola massa delle molecole, gli effetti della gravità e dell’inerzia – così importanti nella meccanica dei corpi macroscopici – sono irrilevanti nel mondo nanometrico. Esso è dominato dalle interazioni intermolecolari, che invece sono spesso trascurabili nel mondo macroscopico.

La caratteristica principale del movimento nel mondo nanometrico, però, è il fatto che oggetti di queste dimensioni sono sottoposti al moto disordinato ed incessante determinato dall’agitazione termica; in altre parole, il moto Browniano. Il secondo principio della termodinamica stabilisce che non è possibile estrarre lavoro dal moto Browniano. Esso non può essere eliminato, a meno di non trovarsi allo zero assoluto, e la sua intensità è proporzionale alla temperatura. A temperatura ambiente il moto Browniano ha un effetto dirompente sul movimento di oggetti molto piccoli; si stima che l’agitazione termica cui è sottoposta una molecola corrisponde ad una potenza enormemente superiore rispetto alla potenza fornita dall’idrolisi dell’ATP in una macchina biomolecolare (Astumian 2002)2Astumian, R. D., Hanggi, P. (2002) Brownian motors, Physics Today, 55(11): 33-39.. Insomma, per una molecola usare energia per muoversi in maniera controllata seguendo una direzione precisa è come tentare di andare in bicicletta durante un intenso terremoto. Poiché quest’ultimo non può essere arrestato, l’unico modo per avanzare è quello di sfruttare le scosse nella giusta direzione. Le macchine molecolari naturali fanno esattamente questo: utilizzano energia (ATP) per rettificare il moto termico disordinato, cosicché il movimento in una certa direzione diventi più probabile di quello nelle altre direzioni. In altre parole, è l’agitazione termica a fornire la spinta alle macchine molecolari; affinché tale spinta non si limiti a produrre effetti casuali (non utilizzabili per compiere lavoro), è necessaria una fonte di energia esterna.

Come si può capire, ottenere movimenti controllati e direzionali in un sistema molecolare è molto difficile e la progettazione deve tener conto di aspetti assai diversi rispetto ad un dispositivo macroscopico.