2. PERCHÉ UNA MALATTIA È RARA?

Laura Mazzanti, Emanuela Scarano, Annamaria Perri
con il contributo di Federica Tamburrino

Le malattie rare costituiscono ormai un problema di sanità pubblica, per l’impatto numerico sulla popolazione. L’attenzione nei confronti delle malattie rare si è focalizzata in Italia a partire dagli anni Novanta. Il Ministero della Salute ha approvato il Piano Nazionale Malattie Rare 2013-2016, il 16 ottobre 2014. La rarità comporta scarsa disponibilità di conoscenze scientifiche e difficoltà nell’ottenere una diagnosi appropriata, con lunghi tempi di latenza tra esordio della patologia, diagnosi appropriata e trattamento adeguato, che spesso incidono negativamente sulla prognosi della condizione. Se poi pensiamo che alcune malattie ultra-rare colpiscono singoli nuclei familiari, tali difficoltà diagnostiche risultano ancora più evidenti.
Circa il 25% delle malattie riguarda pazienti in età pediatrica (di età inferiore ai 14 anni), il 28% nella regione Emilia-Romagna. In età pediatrica le malattie rare che si manifestano con maggiore frequenza sono le malformazioni congenite (45%), infatti le malattie rare congenito-malformative rappresentano una parte meno numerosa, ma estremamente importante sul piano clinico-diagnostico. Nell’elenco allegato al Decreto Ministeriale 279/20011Decreto Ministeriale n. 279 del 18 maggio 2001, Italia. Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie, Gazzetta Ufficiale, n. 160 del 12 luglio 2001. erano comprese 290 forme che, con il nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 12 gennaio 20172Decreto Ministeriale n. 15 del 12 gennaio 2017, Italia. Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, Gazzetta Ufficiale, n. 65 del 18 maggio 2017. e il relativo aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), sono state portate a 350. Seguono poi le malattie delle ghiandole endocrine, del metabolismo e del sistema immunitario (20%). Si tratta di una stima significativamente inferiore al 50-60% dei casi pediatrici, calcolati a livello internazionale. Per i pazienti in età adulta, invece, le frequenze più alte riguardano le malattie del sistema nervoso, le malattie degli organi di senso (29%), le patologie del sangue e degli organi ematopoietici (18%).

2.1. I malati rari

I soggetti portatori di malattie rare, in particolare i bambini, sono esposti alla grande sofferenza e sfida di crescere con una malattia (condizione) rara, coinvolgendo tutto il contesto familiare: genitori, fratelli e parenti. Tutti i bambini e le famiglie vivono un’esperienza doppiamente dolorosa, caratterizzata, da un lato, dalla condizione patologica che richiede controlli clinici frequenti, e talvolta anche procedure invasive, dall’altro da una condizione di solitudine, legata alla scarsità di conoscenze scientificamente disponibili. È molto difficile accettare una malattia rara ed è fondamentale imparare a viverla. Molte malattie rare sono complesse, gravi, degenerative, cronicamente invalidanti: circa un terzo di esse riduce le attese di vita a meno di 5 anni; molte non incidono in modo significativo sulla durata della vita, se vengono diagnosticate in tempo e trattate appropriatamente; altre permettono una qualità di vita normale, anche senza un trattamento.

2.2. Diagnosi e difficoltà diagnostiche

Le malattie rare sono caratterizzate sia da un’ampia numerosità, sia da nume- rosi sintomi che variano non solo da condizione a condizione, ma anche da paziente a paziente pur con la stessa malattia. Per la bassa prevalenza e per la loro specificità, le malattie rare per essere diagnosticate richiedono esperienza di condizioni rare e una buona conoscenza delle varianti di normalità. La inadeguatezza delle conoscenze scientifiche preclude, nella maggioranza dei casi, di ottenere cure e prese in carico efficaci. Le malattie rare molto spesso colpiscono vari organi e si presentano con quadri clinici complessi e sovente multi-sistemici, che richiedono l’intervento coordinato di numerosi specialisti, quindi un approccio globale multidisciplinare, con percorsi diagnostici e di follow-up assai complessi (Douzgou et al. 2014; Vasudevan, Suri 2017). Il 40-50% delle condizioni rimane ancora oggi senza una diagnosi. Da quanto premesso, emerge l’importanza di una diagnosi precoce e precisa nei soggetti con aspetti fenotipici orientativi o sospetti. La precocità della diagnosi e un follow-up adeguato a prevenire le eventuali complicanze, relate alla condizione sindromica, sono ancora più importanti quando si tratta di soggetti in età evolutiva.

La diagnosi di malattie rare richiede competenze specifiche multidisciplinari atte a riconoscere, seguire e curare le varie anomalie presenti nell’individuo, e a effettuare un accurato screening famigliare (Hall 19933Hall, B. D. (1993) The State of the Art of Dysmorphology, American Journal of Diseases of Children, 147(11): 1184-1189.). L’analisi del fenotipo per rilevare anomalie maggiori o minori è una scienza definita Dismorfologia. È primariamente una specialità visiva e l’abilità di essere un osservatore accurato si ottiene nel tempo, sviluppando il senso di dimensione, proporzione, posizione e simmetria (Fig. 2) (Hunter 20024Hunter, A. GW. (2002) Medical genetics: 2. The diagnostic approach to the child with dysmorphic signs, Canadian Medical Association Journal, 167(4): 367-372. ).

Fig. 2. Analisi del fenotipo esterno: valutazione dei segni dismorfici e delle proporzioni corporee.

Abbiamo oggi a disposizione nuovi strumenti diagnostici, quali la Next-Generation Sequencing (NGS), che facilitano la diagnosi su vasta scala, permettendo in una singola analisi la valutazione di molti geni (Hennekam, Biesecker 2012; Nambot et al. 2018). D’altra parte, anche con l’uso di queste potenti metodiche diagnostiche, la valutazione del fenotipo e la valutazione genetico-clinica rimane essenziale. La biologia è molto complessa, i fenotipi dei soggetti con malattie rare sono causati dall’insieme delle azioni di più geni, delle influenze epigenetiche e dell’ambiente. Qui entra in gioco il ruolo essenziale dei medici esperti di malattie rare e dei genetisti clinici, che debbono affinare le loro capacità diagnostiche passando dalle modalità di diagnosi differenziale pre-NGS-test a quelle post-NGS-test (Robin 2018). Nell’era della medicina genomica l’integrazione tra le ipotesi di sindromologi esperti e tecniche NGS sarà molto produttiva nella ricerca e nella clinica traslazionale.

2.3. Competenza del personale medico nella diagnosi di malattie rare

È indispensabile avere medici esperti nel campo della diagnostica, che abbiano una formazione adeguata e svolgano anche attività di ricerca. Un importante ruolo è, infatti, quello ricoperto dalla ricerca, sia clinica che di base, riconosciuta come strumento di elezione per accrescere le conoscenze sulle malattie rare, contribuendo al progresso della ricerca medica in generale, con una forte ricaduta anche sulle malattie comuni. Difatti, le malattie rare fungono sia da modello sperimentale per accrescere le conoscenze sulla fisiologia dei processi accrescitivi e di sviluppo, sia da “laboratorio” per le nuove politiche sulla salute.

2.3.1. Formazione permanente dei medici

La formazione rappresenta un aspetto cruciale nel campo delle malattie rare. La crescita e la valorizzazione professionale degli operatori sanitari sono requisiti essenziali, che devono essere assicurati attraverso la formazione permanente. La formazione di base e quella specialistica competono all’Università, attraverso i corsi universitari e le scuole di specializzazione; l’aggiornamento professionale è poi organizzato a livello nazionale e regionale. Corsi specifici sono svolti nei corsi di laurea in Medicina, nel programma formativo di alcune scuole di specializzazione e nei diplomi post-laurea, ma è auspicabile che tale formazione sia maggiormente presente nei programmi, sia di base che specialistici, come recita il Ministero della Salute nel Piano Nazionale Malattie Rare 2013-2016 (Ministero della Salute 2014).

2.3.2. Network per le malattie rare

Le malattie rare, per le loro caratteristiche di complessità multi-organo e di rarità, richiedono l’istituzione di punti di riferimento competenti sia per i pazienti, sia per i medici di base e quegli specialisti che non dispongono delle conoscenze legate alle patologie rare. Nella gestione delle attività che prevedono un alto grado di specializzazione, come le malattie rare, sono necessari interventi specifici e combinati, per prevenire la morbilità e migliorare la qualità di vita delle persone colpite. Sono, quindi, indispensabili network interregionali e internazionali.

Livello nazionale. Nel 2001 il Decreto Ministeriale n. 279 aveva individuato le malattie e i gruppi di malattie rare, identificate da uno specifico codice, per le quali è stato riconosciuto il diritto all’esenzione dalla partecipazione al costo per le correlate prestazioni di assistenza sanitaria, comprese nei LEA, con la individuazione da parte delle Regioni di presidi accreditati per la diagnosi e la cura delle malattie rare. Come già precisato, il recente DPCM del gennaio 2017 ha definito i nuovi LEA allargando l’elenco delle malattie rare.
La Regione Emilia-Romagna ha applicato il modello delle reti Hub & Spoke, identificando centri altamente specializzati nel campo delle malattie rare, in cui è concentrata la casistica e l’expertise, collegati in rete fra loro. La loro collaborazione porta alla definizione di percorsi diagnostico-terapeutici condivisi, al fine di offrire una diagnostica e, successivamente, un’assistenza omogenea ai pazienti. Sono, quindi, state istituite diverse reti dedicate a singole patologie o a gruppi di patologie (Regione Emilia-Romagna, Delibera di Giunta regionale 19 settembre 2017, n. 13515Regione Emilia-Romagna (2017) Ridefinizione della rete regionale per le malattie rare di cui alla DGR 160/2004 in applicazione del DPCM 12.1.2017 recante definizione e aggiornamento livelli essenziali di assistenza, Bollettino Ufficiale Regione Emilia-Romagna, n. 279, 18 ottobre 2017, Delibera di Giunta regionale 19 settembre 2017, n. 1351.).

Livello internazionale. L’esigenza di offrire alle persone con malattie rare le conoscenze più recenti e le informazioni più solide, per migliorare la loro assistenza e la loro qualità di vita, ha portato la Commissione Europea a lanciare nel 2016 una call per lo sviluppo di reti di riferimento europee per le malattie rare (ERN, European Reference Network) tra gli stati membri. Gli ERN sono network di centri di expertise prestatori di cure sanitarie, con un’organizzazione che supera i confini del singolo stato. La collaborazione tra gli stati membri dell’Unione Europea può, infatti, fornire un valido supporto alla condivisione di expertise, assicurando lo scambio di conoscenze tra professionisti. Il Ministero della Salute ha aderito alla call e il nostro Paese ha avuto l’approvazione per la partecipazione a 23 delle 24 reti di riferimento europee, nelle quali sono coinvolti 63 ospedali e 187 unità, in qualità di full members.
A tal proposito, i centri esperti in malattie rare dell’Università di Bologna che hanno ricevuto il riconoscimento come ERN sono stati:

2.3.3. Organizzazione dei Centri esperti in malattie rare

Per assicurare ai pazienti un percorso diagnostico adeguato e una presa in carico continuativa, con un percorso definito per il follow-up, i Centri esperti in malattie rare hanno personale competente e dedicato, e devono strutturare una rete assistenziale multidisciplinare. I protocolli diagnostici e terapeutici predisposti per singole malattie e/o gruppi di malattie devono essere adottati in modo il più possibile uniforme, in ambito nazionale e internazionale. Deve inoltre essere gestita la fase di transizione del paziente dall’età pediatrica all’età adulta, in modo da assicurare la continuità assistenziale. Un esempio è costituito dal Centro Malattie Rare Pediatriche del Policlinico Sant’Orsola, riconosciuto come Hub Regionale (Regione Emilia-Romagna, Delibera di Giunta regionale 19 dicembre 2011, n. 1897). Il Centro ha formalizzato un team stabile multidisciplinare di specialisti, per condividere e ottimizzare una rete di interventi multidisciplinari, collegati e coordinati sia per la diagnosi, sia per il follow-up, in modo da gestire le complesse problematiche dei soggetti con malattie rare, costruendo un progetto clinico individualizzato (Figg. 3, 4, 5).

Fig. 3. Funzionamento di un Centro per le malattie rare in età evolutiva.
Fig. 4. Organizzazione, a carico del personale competente, delle attività legate ai percorsi di diagnosi e follow-up del bambino con sospetta malattia rara.

È stato inoltre istituito l’Ambulatorio delle Malattie Rare Congenito-Malformative Non Diagnosticate, in cui sono presenti, in contemporanea, esperti in sindromologia clinica, neonatologi, pediatri dell’età evolutiva, genetisti clinici ed eventuali ulteriori specialisti della rete assistenziale multidisciplinare, per attivare tutte le expertise del Policlinico e applicare le nuove tecnologie di genetica molecolare, al fine di giungere alla identificazione di condizioni ultra-rare. Nel team multidisciplinare è compresa la figura dello psicologo clinico, essendo necessario un sostegno psicologico altamente specializzato per questi piccoli pazienti e per le loro famiglie, per favorire una migliore qualità di vita, alleviare il carico della famiglia e promuovere l’inserimento sociale dei bambini. La necessità del supporto psicologico qualificato è riconosciuta nella letteratura internazionale e nelle linee guida più aggiornate.

Fig. 5. Percorso di diagnosi e follow-up del bambino con sospetta malattia rara.

2.3.4. Associazioni di volontariato

Le associazioni di volontariato sono indispensabili per i centri che seguono pazienti con malattie rare, poiché portano a conoscenza della popolazione le istanze dei pazienti, al fine di ridurre il senso di solitudine, e possono contribuire a raccogliere fondi sia ai fini assistenziali, ove il pubblico non riesca a coprire i bisogni, sia per promuovere la ricerca.

2.4. Terapia e malattie rare

La frequente mancanza di terapie eziologiche efficaci non implica l’impossibilità di trattare le persone affette da malattie rare. Infatti, esistono numerosi trattamenti sintomatici, di supporto, riabilitativi, educativi, sostitutivi o supplementativi di funzioni, e palliativi, comprese alcune prestazioni attualmente non erogate dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che possono cambiare notevolmente il decorso clinico e l’attesa di vita, il grado di autonomia e la qualità della vita delle persone affette e dei loro familiari. L’accesso a questi trattamenti, già disponibili, e i loro aspetti innovativi costituiscono elementi chiave nelle politiche per l’assistenza ai malati rari.