1.5. La tomba tebana di Parennefer (TT 188)

La tomba di Parennefer (Davies 1923, pp. 137-145; Sandman 1938, pp. 140-143; Helck 1955-58, p. 1996; Helck 1961, p. 350; Murnane 1995, pp. 64-66) è una delle poche sepolture a essere stata decorata nei primissimi anni di regno di Amenhotep IV. Successivamente, Parennefer seguì il sovrano nella nuova città di Akhetaten, dove si fece costruire una seconda sepoltura (TA 7). Prima di diventare un importante funzionario alla corte di Amenhotep IV, Parennefer aveva svolto l’incarico, secondo le sue stesse parole, di «servitore del re quando egli era ancora principe ereditario».
Lo stile delle decorazioni della tomba, molto danneggiate, sembra appartenere a una fase di transizione tra l’arte tradizionale e il puro stile amarniano. Anche i temi iconografici sono databili a un periodo di transizione, da un lato con l’immagine di Ra-Horakhty come uomo a testa di falco adorato dal defunto e dall’altro con un’immagine del dio Aten come disco solare adorato dal re e da una regina, il cui nome non è conservato, ma che potrebbe essere la più antica immagine sopravvissuta di Nefertiti. La regina è raffigurata accanto al marito anche in una scena di ricompensa in favore di Parennefer.

Sull’architrave esterno, la divinità a testa di falco è definita «Ra-Horakhty, dio grande, signore del cielo […]».

Accanto, sul lato sinistro:

Porgere preghiere a Ra-Horakhty e baciare il suolo per il ka regale del signore delle apparizioni, signore delle Due Terre, Neferkheperura [Uaenra], da parte del coppiere regale, dalle mani pure, favorito e amato del suo signore, Parennefer, giusto di voce. Egli dice: ‘Possa tu riposare (nel) luogo dei giusti di voce, vedendo Aten all’alba all’orizzonte orientale del cielo’.

Nel lato destro:

Porgere preghiere a Ra-Horakhty e baciare [il suolo] al tuo tramontare dalla vita, da parte dell’unico eccellente, utile al buon dio, uno che il signore delle Due Terre ha reso grande grazie al suo carattere, l’osiri Parennefer, giusto di voce.

Lo stipite esterno contiene la titolatura di Parennefer, mentre lo spessore della porta ha un testo che annuncia già alcuni temi tipici dell’atenismo, ossia la luce e la bellezza associate alla figura del dio, la creazione, la vita che si mette in moto al suo apparire e la gioia che pervade coloro che assistono a tale fenomeno:

Adorare ‘ankh-Ra-Horakhty che gioisce all’orizzonte nel suo nome di luce che è in Aten’ e [il primo sacerdote hem-netjer] di ‘ankh-Ra-Horakhty che gioisce all’orizzonte nel suo nome di luce che è in Aten’, il re Neferkheperura Uaenra, dotato di vita, da parte del coppiere regale, dalle mani pure [Parennefer, giusto di voce]. Egli dice: ‘Salute a te, [quando] sorgi all’orizzonte. Tu hai illuminato il circuito del disco (aten). [O] bellezza sopra tutti i paesi! Tutti gli occhi vedono grazie a te e si alzano quando brilli. Le loro braccia sono in gioia per il tuo ka. Tu sei il dio che ha creato le loro membra! Essi vivono quando i tuoi raggi sono sulla terra, mentre essi fanno festa così come io rendo grazie al tuo bel volto [sulla] terrazza del ‘gioire all’orizzonte’ […] vegetali delle offerte divine uscite da […].’ Il nobile e governatore, che il re ha reso grande grazie al [suo] carattere […].

Lo stipite sinistro della porta di fondo contiene una formula d’offerta in onore del dio dei morti Anubi, il che conferma come in questa fase iniziale tebana altri dei potessero essere citati nei testi:

Un’offerta che il re dona a Anubi imy-ut,1Tipico epiteto del dio Anubi, di non chiara definizione e traducibile come «colui che è nel luogo dell’imbalsamazione». Il sostantivo ut (wt) ha a che fare con la pratica dell’imbalsamazione, in particolare con l’avvolgimento della mummia con le bende; inoltre, il sacerdote preposto alla mummificazione portava il titolo di wt(y). affinché egli faccia sì che il cadavere sia stabile nella necropoli, [mentre] il ba2Vedi Glossario – BA: Termine di non facile definizione, in quanto il suo significato è carico di sfumature. Spesso tradotto come «anima», il ba, al pari del ka e dell’akh, costituisce un aspetto di dei e uomini. A differenza degli uomini comuni, dei e re sono dotati di numerosi bau, attraverso i quali si palesa la loro potenza. Il ba personifica inoltre le forze vitali del defunto, un elemento attivo e mobile, in contrasto alla mummia, chiusa nel suo sarcofago. Il ba infatti ha la facoltà di muoversi in cielo e sulla terra e di entrare e uscire dalla propria tomba. Era solitamente rappresentato come un uccello a testa umana. riposa nella sua dimora ogni giorno, per il ka del nobile e governatore, il guardiano dei passi del signore delle Due Terre in ogni luogo che egli ha percorso, il coppiere regale, dalle mani pure […] Parennefer, giusto di voce.

Nella parete nord, una scena mostra lavoratori e scribi intenti a misurare i cereali, da conservare nei silos raffigurati nella parte superiore e da destinare al sostentamento del culto del dio Aten, mentre Parennefer rende conto al sovrano del corretto svolgimento della procedura. Non sorprende che il giovane sovrano preferisse affidare incarichi di rilievo, come la gestione delle risorse economiche per il culto del dio, a persone di fiducia, magari, come nel caso di Parennefer, conosciute sin da quando era principe. Il testo che accompagna la scena è assai interessante anche per la menzione di «rendite di un qualunque [altro] dio», che lascia intendere che i culti delle altre divinità funzionavano (più o meno?) regolarmente, anche se non potevano ormai gareggiare in ricchezza con quello del dio sole. Inoltre, se i funzionari meritevoli sono ben ricompensati, l’inefficienza non è tollerata, tanto che l’Aten, non soddisfatto delle rendite, è pronto a consegnare l’incapace servitore al giudizio del re.
Il re Amenhotep IV si rivolge a Parennefer dall’interno di un baldacchino: «Prenditi cura delle offerte dell’Aten!»

Parennefer risponde:

Il coppiere regale dalle mani pure, favorito e amato del signore delle Due Terre [Parennefer, giusto di voce]. Egli dice: ‘Per quanto riguarda Ra, egli conosce il servitore che si prende cura delle offerte divine. [Ma] per quanto riguarda il servitore che non si prende cura delle offerte divine dell’Aten, egli [= il dio] lo consegnerà alla tua mano! Le rendite di un qualunque [altro] dio si misurano in oipe, [ma] quelle dell’Aten si misurano in mucchi!’.

Sulla parete ovest sono rappresentati alcuni uomini che recano doni: «Presentare ogni buona e pura pianta e dolci fiori profumati come offerte quotidiane – pure, pure! – da ciò che tuo figlio, il re [Neferkheperura Uaenra] dona; da parte del favorito e amato del signore delle Due Terre [… Parennefer, giusto di voce]».

Nella primissima fase del regno di Amenhotep IV, il nome del dio sole non trovò una sua precisa definizione. Come abbiamo visto, nella stele di Gebel es-Silsileh esso appare in una forma più completa accanto a una più abbreviata. Su un architrave dall’hut-benben, uno degli edifici eretti in onore del dio sole a Karnak, il sovrano è chiamato «l’amato di Ra-Horakhty che gioisce all’orizzonte» (Lepsius 1849-59, III, p. 110), mentre in un architrave da una tomba di un certo Nakhy a Deir el-Medina, la divinità è chiamata «Ra-Horakhty che gioisce all’orizzonte, il dio grande» (British Museum EA 281: Bierbrier 1982, tav. 6). Già nel terzo anno di regno il nome assunse una sua forma completa,3Su un pezzo di stoffa del Museo del Cairo (JE 62705), riutilizzato per avvolgere una statua della tomba di Tutankhamon, fu scritto un testo datato all’anno 3 di Amenhotep IV: «[… ‘Ra-Horakhty] che gioisce all’orizzonte nel suo nome di luce’, è il re dell’Alto e del Basso Egitto Neferkheperura Uaenra che ha fatto per lui [questo] tessuto nell’anno 3». con un’ulteriore aggiunta, nella parte iniziale, del segno ankh, come nelle tombe tebane di Ramose e Parennefer: ankh-Ra-Horakhty-hay-em-akhet-em- ren-ef-em-shu-en-nety-em-iten (ʿnḫ rʿ-ḥr-ȝḫty ḥʿy m 3ḫt m rn.f m šw n nty m jtn) traducibile come «Viva Ra-Horakhty che gioisce all’orizzonte nel suo nome di luce che è in Aten».

Il lungo nome della divinità è di per sé una sorta di manifesto dell’atenismo. Alcuni temi della nuova religione sono così fondamentali da diventare parte integrante del modo di indicare la sua divinità: l’idea della vita, della gioia divina che si manifesta all’orizzonte, ossia nel punto e nel momento in cui la divinità si palesa al mondo, e della luce. Tuttavia, il processo di formazione del nome non si concluse con il raggiungimento di una sua chiara definizione. A partire almeno dalla prima metà del quarto anno di regno, il lungo nome fu suddiviso in due parti al fine di poter essere inserito in due distinti cartigli. La più antica attestazione datata del nome del dio all’interno dei due cartigli si trova infatti su un pezzo di stoffa scritto e riutilizzato per avvolgere una statua nella tomba di Tutankhamon: «anno 4, secondo [mese della stagione4Vedi Glossario – CALENDARIO: Il calendario egiziano ufficiale, utilizzato per datare le iscrizioni e le scadenze amministrative, si basava sull’anno solare ed era suddiviso in tre stagioni: akhet, la stagione della piena del Nilo, peret, la stagione della semina, e shemu, la stagione del raccolto. Ogni stagione comprendeva quattro mesi di trenta giorni ciascuno. Altri cinque giorni vennero aggiunti affinché l’anno fosse composto da 365 giorni; in tal modo il calendario ufficiale divergeva dall’anno solare solo per un quarto di giorno. Accanto al calendario ufficiale esisteva anche un calendario regolato sulle fasi lunari.] shemu, Viva [Ra-Hor] akhty che gioisce all’orizzonte [= primo cartiglio] nel suo nome di luce che è in Aten [= secondo cartiglio]» (Cairo JE 62703: Redford 1976, p. 55).

L’inserimento del nome del dio all’interno di due cartigli costituì un cambiamento fondamentale; infatti, per tradizione i nomi degli dei egiziani non venivano, a parte qualche rarissima eccezione, scritti in tal modo. La costante presenza dei cartigli, a partire dal quarto anno, costituì un ulteriore e decisivo passo verso la differenziazione del dio Aten rispetto alle divinità tradizionali della religione egiziana. Il nome, nella sua lunghezza, divenne non solo qualcosa di fisso, dogmatico, e pertanto non revocabile, ma anche, al pari ormai delle immagini del sovrano secondo i nuovi canoni dell’arte amarniana, qualcosa di immediatamente riconoscibile. Inoltre, il dio assunse di fatto connotazioni regali. Se il re – di cui due dei suoi cinque nomi erano per tradizione scritti all’interno di due cartigli – tendeva a divenire sempre più “solare”, il dio a sua volta era divenuto un re. Amon-Ra di Tebe aveva assunto nel corso dei secoli prerogative sempre maggiori, sino a diventare «il re degli dei»; ma il dio Aten, con il suo nome scritto come un sovrano d’Egitto, andò ben oltre: come c’è un unico re, così c’è un unico dio che governa.