2.5. Testi dalla tomba di Ahmes (TA 3)

In prossimità della porta d’ingresso alla tomba di Ahmes (TA 3) si trovano due inni (Fig. 16), uno al sole nascente e uno al sole calante (Davies 1903-08, vol. 3, p. 32, tavv. XXVII, XXXVIII; Sandman 1938, pp. 46-47; Murnane 1995, p. 122):

Tu tramonti bello, O Aten vivente, signore dei signori, sovrano delle due rive. [Quando tu navighi in] cielo in pace, tutti gli uomini giubilano al tuo volto, rivolgendo preghiere a colui che li ha costruiti e baciando il suolo per [colui che] li [ha portati all’esistenza]. Il tuo amato figlio, il re dell’Alto e del Basso Egitto, che vive di Maat, Neferkheperura Uaenra, ha guidato la terra intera e ogni paese straniero in tutto ciò che circondi al tuo apparire, cosicché siano svolte celebrazioni al tuo sorgere e pure al tuo tramontare.
O dio che vive di Maat dinnanzi agli occhi [degli uomini]! Sei tu che creasti, [poiché] non esisteva alcuno che potesse fare tutto ciò che è uscito dalla tua bocca! Concedimi il favore dinnanzi al re ogni giorno, senza interruzione, e una bella sepoltura dopo la vecchiaia sulla montagna di Akhetaten. Io ho completato un’esistenza in felicità, [essendo] al seguito del bel dio [= il re] ovunque egli andasse ed essendo amato quando ero un suo attendente. Egli mi ha allevato, da quando ero un fanciullo sino a che non sono divenuto un venerabile in pace. Come è felice colui che segue il sovrano; egli è in festa ogni giorno!

Dell’inno al sole nascente si conoscono altre due varianti: una nella tomba di Huya (TA 1) e l’altra in quella di Meryra (I) (TA 4). Quest’ultima è la più breve ed è pronunciata dalla moglie. In tutti e tre i casi, l’inno si trova in prossimità dell’ingresso delle tombe, con immagini del proprietario o di sua moglie in adorazione (Davies 1903-08, vol. 1, pp. 49-50, tav. XXXVI; vol. 3, pp. 18, 31-32, tavv. IV-V, XXIX; Sandman 1938, pp. 6-10; Murnane 1995, pp. 122, 131, 156-7):

‘Il tuo sorgere è perfetto, O [‘ankh-Ra sovrano dei due orizzonti, che si rallegra all’orizzonte nel suo nome di Ra, il padre che viene come Aten’], dotato di vita, per sempre, in eterno. O Aten vivente – non vi è un altro eccetto lui – che sanifica gli occhi con i suoi raggi, colui che ha fatto tutto ciò che esiste. Tu appari all’orizzonte orientale del cielo per far vivere tutto ciò che hai creato: persone, bestiame, creature che volano e si posano e ogni tipo di creatura che striscia e che è sulla terra. Essi vivono [quando] ti vedono e si coricano quando tramonti. Tu fai sì che il tuo amato figlio – che vive di Maat, il signore delle Due Terre [Neferkheperura Uaenra], egli vive con te in eterno, e la grande sposa regale Neferneferuaten Nefertiti, vivente per sempre, in eterno, accanto a lui – faccia ciò che aggrada il tuo cuore e possa vedere ciò che tu fai ogni giorno. Egli gioisce al vedere la tua bellezza! Donagli l’eternità come re delle Due Terre.1Qui la versione nella tomba di Meryra (I) termina. Dai a lui vita e gioia e tutto ciò che tu hai circondato […]. Fai sì che essi siano governati per conto del tuo ka. Per quanto riguarda tuo figlio, che tu stesso hai generato, che conosce come […] il sud, così come il nord, l’ovest e l’est e le isole in mezzo al mare sono in acclamazione del suo ka. Il suo confine meridionale si estende sino al vento, quello settentrionale sino a ciò che il disco (aten) illumina. Tutti i loro principi sono in sottomissione, indeboliti dalla sua potenza.
O bel
ka, che rendi festive le Due Terre e crei i prodotti della terra intera! Tienilo con te in eterno, fino a che egli desidera vederti! Donagli numerosissimi giubilei, con anni pacifici. Donagli l’amore del tuo cuore, come la moltitudine della sabbia delle rive, come le scaglie dei pesci nei fiumi e come i peli del bestiame. Tienilo qui fino a che il cigno non diventi nero e il corvo non diventi bianco, fino a che le montagne non si alzino per muoversi, fino a che l’inondazione non fluisca controcorrente,2Letteralmente «fino a che l’inondazione non navighi verso sud» (r ḫnty mty), fa riferimento al fatto che il Nilo scorre da sud verso nord. mentre io sarò al seguito del bel dio sino a che egli non ordini la sepoltura, che egli [solo] dona’. Il vero scriba del re, il suo amato, il flabellifero alla destra del re, sovrintendente alla sala, l’intendente della casa di Akhenaten, la cui durata di vita è grande, Ahmes, giusto di voce.3La versione nella tomba di Huya si chiude con i titoli del proprietario. Nella tomba di Meryra (I), con i titoli e il nome di sua moglie, seguiti da una ulteriore invocazione al dio Aten: «la grande favorita del signore delle Due Terre, Tenra, giusta di voce, ella dice: Adorazione per te, O colui che crea gli anni, plasma i mesi, che fa i giorni e conta le ore, per [il quale] si conta il tempo, possa tu concedere la tua durata di vita come Aten a tuo figlio Uaenra».

Fig. 16. Tomba di Ahmes (TA 3), inno all’Aten (Davies 1903-08, vol. 3, tav. XXIX).

Se la tomba era una concessione garantita dal sovrano, non sorprende che i testi presenti all’interno delle sepolture di Akhetaten siano rigorosamente atenisti e non includano la menzione di nessun’altra divinità a parte il dio sole. Di conseguenza, anche una divinità così importante come Osiri, dio dei defunti e paradigma di una speranza in una vita dopo la morte, è del tutto ignorata. Persino l’usuale appellativo «osiri» attribuito ai defunti, dimostrazione della fede che ognuno potesse rinascere nell’aldilà, fu abbandonato, così come abbandonate furono anche le complesse dottrine che descrivevano come al tramonto il dio sole percorresse, sulla sua barca, le 12 ore della notte, che coincidevano con l’oltretomba presidiato da Osiri. Il fatto che il dio sole attraversasse il mondo dei morti garantiva loro una rinascita ciclica. Ma anche altre divinità spesso associate al defunto non trovarono spazio nelle nuove concezioni funerarie. Ad esempio, ai quattro angoli del sarcofago di Akhenaten, le dee Isi, Nefti, Neit4Vedi Glossario – NEIT: Antica divinità della caccia. Indossa la corona rossa del Basso Egitto e il suo emblema era uno scudo con due frecce incrociate. I suoi principali centri di culto furono Sais, nel Delta, ed Esna. Neit divenne molto importante durante la XXVI dinastia, originaria di Sais. e Serket5Vedi Glossario – SERKET: Dea scorpione il cui nome significa «colei che fa respirare», raffigurata soprattutto come una figura femminile con uno scorpione sul capo. Svolgeva un ruolo importante in ambito funerario; in particolare, assieme a Isi, Nefti e Neit, proteggeva le viscere del defunto. furono sostituite da quattro immagini di Nefertiti, equiparata dunque a una divinità alla quale fu affidato il delicato compito di proteggere il corpo del marito defunto.

Tutte queste assenze, piuttosto ingombranti, suggeriscono quanto radicale sia stato il cambiamento delle dottrine funerarie ateniste. Ad Amarna, le persone continuarono a essere mummificate e sepolte in tombe dotate dei tipici elementi del corredo funerario egiziano: sarcofagi per il corpo, vasi canopi per le viscere e shabti, piccole statuette funerarie che dovevano sostituire il defunto nel caso questi fosse stato chiamato a svolgere dei lavori nell’aldilà. Eppure, le dottrine funerarie dell’atenismo paiono, rispetto al passato, poco sviluppate: il corpo si consuma, perisce, ma la reale essenza dell’individuo, il ba, continua a vivere dopo la morte fisica, per trasferirsi in un’altra dimensione. Con Akhenaten, il ba diviene l’elemento centrale delle dottrine funerarie, in quanto è la parte dell’individuo messa in relazione con l’Aten nell’aldilà. Nei testi atenisti non sembra infatti trovare spazio l’idea che il defunto si trasformi in un akh, lo «spirito» trasfigurato che sopravvive dopo la morte. Quando utilizzato per i dignitari di corte di Amarna, il termine akh non descrive la condizione di beato da loro raggiunta nell’aldilà, bensì il rapporto che li lega al sovrano. Essi affermano di essere «utile (akh) al suo signore» (Ay, May) o «al suo re» (Ay), mentre «i loro cuori sono efficienti nelle cose utili (akhut)» (Tutu). Nella sua tomba, Tutu si rivolge ai funzionari e sacerdoti dicendo: «voi che siete utili (akhu) ad Aten», ma anche in questo caso si fa riferimento alle cose utili compiute dai dignitari per il dio nell’esercizio delle loro funzioni terrene. L’unico passo di dubbia interpretazione si trova nella tomba di Ay, dove si legge: «Tu [= Ay] sei il primo tra i compagni del re, così come sei davanti agli akhu. Possa tu divenire un ba vivente nella montagna augusta di Akhetaten» (Sandman 1938, p. 100). Benché Murnane (1995, p. 119) traduca akhu come «illuminated spirits», esso potrebbe anche in questo caso indicare i dignitari, «coloro che sono utili» grazie alle loro mansioni. L’unico a essere akh in relazione alla divinità è il sovrano, divenuto appunto «Akh-en-aten». Ancora una volta viene sottolineata la distanza che separa uomini e Aten e il ruolo di intermediario svolto dal faraone: dignitari e sacerdoti compiono cose utili per il re, il quale agisce e si presenta come akh dell’unico dio (Friedman 1986).

L’aspirazione è che l’esistenza felice vissuta sulla terra, votata al culto dell’Aten e all’adorazione del re, trovi un parallelo nell’aldilà. Il ba risiede, secondo i testi, nella duat, termine che denota l’aldilà, e nella tomba, il cui allestimento è necessario alla sopravvivenza dopo la morte. L’idea principale è che il sorgere e il risplendere quotidiano dell’Aten non riguardi solo i vivi, ma anche i morti. A ogni alba, gli Egiziani si svegliano, adorano Aten in quanto fonte di vita e si mettono all’opera; lo stesso principio vale per i defunti, i quali ambiscono a divenire parte di un ciclo eterno, a uscire ogni giorno dalla duat o dalla loro sepoltura per vedere, alla stessa maniera dei vivi, l’arrivo del loro dio e riprendere così vita. Come ricorda il «portatore di stendardo» Suty, la speranza è di uscire «all’alba dalla duat per vedere Aten quando egli appare ogni giorno, senza mai smettere».

Le parole del ciambellano e sacerdote Pentju confermano che l’adorazione dell’Aten è l’unica via che permette di essere vivo e appagato per l’eternità: «Possa tu [= Aten] far sì che io riposi nella mia sede dell’eternità… che io possa uscire ed entrare dalla mia tomba, senza che il mio ba sia trattenuto da ciò che egli ama, che io possa camminare, come il mio cuore desidera, nei boschetti che io ho creato sulla terra e possa bere acqua sulla riva del mio stagno, ogni giorno e senza interruzione». Meryra (I), invece, prega Aten affinché gli sia concessa «efficacia» o «gloria» (akh) nella duat «e che il ba possa uscire e rinfrescarsi nella tomba» e «riposare nel suo corpo nel luogo dell’eternità», ossia ricongiungersi alla mummia per ricreare l’unità tra corpo ed elemento spirituale. Senza necessariamente coincidere, sia il mondo dei vivi che quello dei morti hanno la loro fonte di vita nell’Aten. Le parole di Pentju suggeriscono inoltre che la vita dell’aldilà venisse immaginata ricalcare quella conosciuta in vita. La medesima idea è espressa in un testo della tomba di Tutu, in cui gli si augura: «Possa tu trovarti all’alba nel tuo luogo dell’eternità per vedere Aten quando egli appare. Possa tu purificare te stesso e indossare abiti alla maniera di quando eri sulla terra… Quando tu adori Aten, egli ti dona il respiro e i suoi raggi rinverdiscono le tue membra. Tu ti risollevi e dimentichi la stanchezza ed egli fa vivere il tuo volto quando lo ammiri».

In alcuni casi, persino i testi presenti sugli shabti dell’epoca amarniana furono talvolta adeguati alla nuova dottrina solare. Queste statuette recano spesso iscritto il capitolo VI del Libro dei Morti, nel quale esse sono chiamate ad animarsi per sostituire il defunto nei lavori dell’aldilà. Ad Akhetaten questo testo fu integrato con espressioni relative al ruolo dell’Aten nel mondo funerario. Ad esempio, come vedremo, nello shabti di Ty, l’augurio è di ascendere al cielo, con le membra intatte e il cuore colmo di gioia, sulle braccia dell’Aten e, anche qui, di seguirlo «quando egli appare all’alba e fino a che non si verifica il suo tramonto dalla vita».

La scomparsa di Osiri ebbe come conseguenza l’assenza di qualunque menzione di un altro importante aspetto delle dottrine funerarie egiziane, ossia il giudizio che attendeva ogni defunto prima di accedere all’aldilà. Erik Hornung ha sottolineato come «il fondamento etico della continuità dell’esistenza per l’anima riposa adesso sulla grazia e sul favore del sovrano» (Hornung 1998, p. 7), il quale «vive di Maat». Come per i vivi, anche per i defunti il dio e il re sono le due fonti da cui dipende la vita. Ancora una volta, i più fortunati sono coloro che fanno parte del ristretto gruppo di potere che ruota attorno al sovrano, l’unico che può dare il consenso alla costruzione di una tomba ad Akhetaten, il «bel luogo al quale tutti vengono». Come, ad esempio, May dichiara: «Possa tu [= Akhenaten] garantirmi una bella sepoltura… nella tomba che tu hai stabilito per me per riposarvi, la montagna di Akhetaten, il luogo di coloro che sono i tuoi favoriti». La tomba è la ricompensa suprema dopo una vita votata alla verità, all’adorazione dell’Aten e al rispetto degli insegnamenti del re; essa svolge diverse funzioni: in primo luogo è una dimora, un rifugio per il corpo, e il punto di partenza da cui uscire per continuare a godere della vista dell’Aten, ma è anche il luogo in cui il defunto può godere di offerte e in cui il suo nome e la sua brillante carriera potranno essere ricordati per sempre.