GLI ULTIMI ANNI: LA RESTAURAZIONE DI TUTANKHAMON

L’anno 12, con la sua fastosa celebrazione ad Akhetaten, costituisce per molti studiosi l’apogeo del regno di Akhenaten. Eppure, nell’arco di circa otto anni, l’esperienza amarniana e il dominio del dio Aten erano destinati a concludersi. Dopo la sua morte, avvenuta dopo 17 anni di regno, Akhenaten fu sepolto nella tomba regale di Akhetaten, come dimostrerebbero alcuni frammenti di sarcofago e diversi shabti a suo nome lì rinvenuti. Al suo interno, erano già state sepolte la principessa Meketaten, secondogenita della coppia regale, morta forse nell’anno 13, e la regina madre Tye, forse scomparsa l’anno dopo la nipote. Anche le principesse più giovani, Nefereneferura e Setepenra, morirono prima del padre. Non conosciamo con precisione le cause della caduta del regno di Akhenaten, anche se una ricostruzione suggestiva ritiene che la famiglia regale potrebbe essere stata colpita da un’epidemia di peste, che allora imperava nel Vicino Oriente (Laboury 2010, p. 319).

Gli anni immediatamente successivi alla morte del re ci appaiono confusi. Sebbene conosciamo i nomi di alcuni dei suoi protagonisti, non siamo in grado di offrire una nitida ricostruzione degli avvenimenti che separano la morte di Akhenaten dalla salita al trono del giovanissimo Tutankhaten, futuro Tutankhamon. Alla fine dell’epoca amarniana vediamo apparire sulla scena due sovrani, i quali condividono lo stesso nome d’intronizzazione: Ankhkheperura («Colui che vive delle manifestazioni di Ra»), Smenkhkara Djeserdjeseru («Colui che il ka di Ra rende efficace, Sacro di sacralità») e Ankhkheperura Neferneferuaten. L’unica immagine attribuibile con sicurezza al primo re proviene dalla tomba di Meryra (II) (TA 2), la stessa nella quale sono rappresentate le celebrazioni dell’anno 12. Una scena mostra il «re dell’Alto e del Basso Egitto Smenkhkara» e la «grande sposa regale Meri(t)aten» sotto i raggi dell’Aten mentre ricompensano Meryra (II) (Davies 1903-08, vol. 2, tav. XLI) (Fig. 18).

Fig. 18. Tomba di Meryra (II) (TA 2), Smenkhkara e Meritaten (Davies 1903-08, vol. 2, tav. XLI).

Questa testimonianza ci informa di due cose: che Smenkhkara era faraone e che aveva sposato la primogenita di Akhenaten. Ma nulla di certo sappiamo della sua origine e della lunghezza del suo regno. Smenkhkara, con ogni probabilità un figlio o un fratello più giovane di Akhenaten, potrebbe essere stato scelto dal re come co-reggente, al fine di stabilire senza ambiguità la linea di successione. Egli potrebbe tuttavia essere morto poco prima dello stesso Akhenaten e pertanto non aver mai governato da solo. Un’altra figura enigmatica del periodo è quella di Ankhkheperura Neferneferuaten. Un’ipotesi avanzata da alcuni egittologi ritiene che Smenkhkara e Neferneferuaten fossero in realtà un’unica persona, che avrebbe modificato il suo nome nel corso del regno (Newberry 1928; Allen 1994; Dodson 2009, pp. 35-39); ciò è poco compatibile col fatto che le fonti a disposizione indicano che Ankhkheperura Neferneferuaten era una donna (Harris 1973, 1974, 1977; Gabolde 1998, 2009). Il suo genere femminile è confermato dal fatto che il prenome Ankhkheperura è talvolta scritto con la desinenza femminile t, Ankh-et-kheperura, «Colei che vive delle manifestazioni di Ra». Inoltre, il suo nome è spesso seguito da epiteti che la legano ad Akhenaten, come ad esempio «l’amata di Uaenra», «l’amata di Neferkheperura» e «colei che è utile a suo marito». Il fatto che una donna potesse ricoprire il ruolo di «re dell’Alto e del Basso Egitto» non era una novità nella storia egiziana; ad esempio, la XII dinastia si era conclusa con il regno della regina Neferusobek, mentre la XVIII dinastia aveva già conosciuto il caso della regina Hatshepsut.

L’usanza di aggiungere epiteti al proprio nome era abbastanza comune nel Nuovo Regno. Tuttavia, i predecessori di Ankhkheperura Neferneferuaten avevano sempre optato per epiteti che facessero riferimento a divinità, in particolare Ra e Amon, mentre in questo caso la regina regnante scelse epiteti che la legavano alla memoria di Akhenaten, primo sostenitore del culto dell’Aten. Anche il nome stesso Ankhkheperura Neferneferuaten è di chiara matrice atenista. La sua identità rimane tuttora oggetto di dibattito ed è verosimile che dietro di essa – piuttosto che una donna mai menzionata nelle fonti che precedono la scomparsa di Akhenaten – si celi un membro femminile della famiglia regale già nota sotto un altro nome. Diverse sono le candidate, anche se una delle ipotesi più accreditate ritiene che Ankhkheperura Neferneferuaten debba essere identificata con la primogenita Meritaten, la quale, una volta rimasta vedova di Smenkhkara, avrebbe seguito il padre sul trono (Gabolde 1998, pp. 147-185; Krauss 2007), adottando due nomi che ricordassero sia il suo defunto marito (Ankhkheperura), sia sua madre (Neferneferuaten). Un’altra soluzione, forse più semplice, prevede che Ankhkheperura Neferneferuaten sia da identificare con Nefertiti, la quale, fra l’altro, aveva già assunto il nome di Neferneferuaten almeno a partire dal quinto anno di Akhenaten.